Fecondazione assistita: omogenitorialità e tutela del minore

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Il caso

Due donne unite civilmente chiedono di essere registrate all’anagrafe come madri di un bambino.

Il bimbo in questione, nato in Italia, era stato concepito all’estero da una delle due donne tramite fecondazione eterologa con il consenso della “madre intenzionale”.

Secondo il Tribunale di Venezia l’esclusione della registrazione nell’atto di nascita del bambino come figlio di entrambe le donne violerebbe i diritti non solo della madre “intenzionale” ma anche del minore.

Viene sollevata quindi una questione di legittimità costituzionale per evitare che casi come questo possano portare ad un’irragionevole discriminazione per motivi correlati all’orientamento sessuale.

La Corte Costituzionale afferma che nell’interesse ( e per tutela) del minore la materia deve essere affidata al legislatore.

Visti i contenuti etici e valoriali coinvolti, il riconoscimento dello status di genitore alla madre “intenzionale” implica una scelta all’interno di un’area di interventi con cui il legislatore è interprete della volontà collettiva.

È importante attuare un bilanciamento tra i valori fondamentali coinvolti e le considerazioni sugli orientamenti e sulle istanze radicate nella coscienza sociale del periodo storico in questione.

Con la sentenza n. 230/20 del 4 novembre la Corte Costituzionale afferma il riconoscimento dell’omogenitorialità, aprendo le porte dell’adozione non legittimante.

Con riferimento alla tutela del minore e per favorire il partner del genitore biologico è necessario estendere i contenuti giuridici posti alla base del rapporto tra madre “intenzionale” e minore. È compito del legislatore attuare a tutela di tale rapporto con lo scopo di attenuare il divario tra la realtà fattuale e la realtà legale.