Le dimissioni estorte sono annullabili

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Un lavoratore sosteneva di essere stato costretto a dimettersi, redigendo, sotto dettatura e sotto minaccia, una lettera di licenziamento.

La condotta veniva fatta oggetto di un procedimento penale per il reato di estorsione in concorso, successivamente derubricato in reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle persone e, da ultimo, ancora riqualificato come reato di violenza privata.

Il lavoratore minacciato si costituiva parte civile deducendo la riconducibilità delle estorte dimissioni ad un licenziamento nullo, chiedendo, di conseguenza, il riconoscimento di tutte le retribuzioni maturate e non percepite, dal dì dell’estorsione a quello della pronuncia definitiva.

I giudici di merito non avallavano le difese del lavoratore e, anzi, qualificavano l’atto di cessazione del rapporto di lavoro come “dichiarazione di dimissioni su violenza” che, in quanto tale, era passibile di annullabilità e pertanto le conseguenze risarcitorie potevano essere ricostruite in via equitativa.