Con una decisione innovativa il Tribunale triestino ha stabilito che sarà il figlio di sei anni a decidere presso quale dei due genitori verrà collocato. Si tratta di una pronuncia pionieristica che richiama l’art 315bis, il quale stabilisce che il minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di età inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
La vicenda ha inizio sei anni addietro, quando il bambino, di pochi mesi di vita, viene portato dalla madre nel suo paese d’origine, il Sud America, per trascorrevi le vacanze estive. La donna non rispetta il termine stabilito per il ritorno in Italia. Il padre, quindi, costretto a recarsi in Sudamerica, aveva attivato la convenzione Aja per i minori, chiedendo il rientro del bambino in Italia, luogo in cui era nato, e ivi trascorso i primi mesi di vita.
Il tribunale straniero, in primo grado, aveva accolto la richiesta del padre disponendo il rientro del bambino in Italia. Questi aveva anche ottenuto dal Tribunale per i minorenni l’affidamento esclusivo. In Sudamerica, tuttavia, la decisione di primo grado non è esecutiva. Il bambino è rimasto all’estero fino al 2013, quando il padre è riuscito, dopo una serie di viaggi oltreoceano, a riportarlo in Italia; raggiunto poco dopo dalla madre, la quale si era attivata a sua volta presentata innanzi alle autorità italiane chiedendo l’applicazione della convenzione al Tribunale per i minorenni di Trieste. Lo stesso Tribunale però nel giugno 2014 ha rigettato la domanda ritenendo che il bambino sarebbe stato esposto a pregiudizio psicofisico se fosse stato rimandato nel continente americano. Nell’aprile del 2015, la Cassazione ha annullato la decisione di secondo grado.
La decisione del tribunale dei minori ha stabilito ora che sarà lo stesso figlio di sei anni a scegliere quale sarà il suo genitore collocatario e il luogo in cui dovrà vivere. Il 13 febbraio prossimo si terrà l’udienza per la nomina di uno psicologo infantile il quale dovrà valutare se il minore, che vive da quasi quattro anni in Italia con il padre e ha cittadinanza italiana, è in grado di discernimento e capace quindi di operare la scelta. In tal caso, sarà a lui ad orientare il giudice circa il contenuto definitivo della sentenza