La Corte di Cassazione nella sentenza n. 769 del 2018 stabilisce che non basta definirsi giovani precari per sottrarsi all’obbligo di corresponsione dell’assegno di mantenimento alla ex moglie.
Come affermato più volte dalla giurisprudenza di legittimità, le dichiarazioni dei redditi dell’obbligato hanno una funzione tipicamente fiscale, sicché nelle controversie relative a rapporti estranei al sistema tributario non hanno valore vincolante per il giudice, il quale, nella sua valutazione, può fondare il suo convincimento su altre risultanze probatorie (Cass. n. 13592/2006; Cass. civ., 18196/2015). L’art. 156, 2 comma, c.c., stabilisce infatti che il giudice deve determinare la misura dell’assegno tenendo conto non solo dei redditi delle parti ma anche di altre circostanze non indicate specificatamente, né determinabili a priori, ma individuabili in tutti quegli elementi fattuali di ordine economico – diversi dal reddito – idonei ad incidere sulle condizioni economiche delle parti (Cass. civ., 605/2017).
Nel caso di specie, i giudici di merito si mostrano scettici in ordine alla situazione economica e reddituale tratteggiata dall’obbligato: l’idraulico adduceva infatti di avere chiuso la propria attività nel 2012, di essere disoccupato ed in cerca di lavoro, di vivere grazie al contributo della convivente attuale. Poco credibili ad avviso dei giudicanti non solo le deduzioni del medesimo in ordine allo stato di disoccupazione e alla necessità di ricorrere all’aiuto della convivente, ma anche le dichiarazioni fiscali degli anni precedenti (con probabile percezione di reddito in nero).
La Corte, condividendo le perplessità dei giudici di prime cure, stabilisce che trattandosi comunque di soggetto in salute, giovane, con capacità lavorativa specifica, debba essere obbligato a corrispondere un assegno mensile alla ex moglie.