Non costituisce violazione dei diritti umani, l’allontanamento dalla famiglia non biologica di un bambino nato da un utero in affitto. Ad affermarlo è la Grande Camera della Corte Europea dei diritti dell’uomo, la quale ha ribaltato in appello una sentenza della Seconda Sezione che lei stessa aveva emesso il 27/01/2015.
La Grande Chambre ha attribuito legittimità all’atteggiamento dell’Italia nel caso di specie: nel 2011 la coppia Paradiso-Campanelli aveva avuto un bambino ricorrendo alla maternità surrogata in Russia. L’infante era stato successivamente allontanato dalla coppia e dato in affidamento, dal momento che era stato adottato illegalmente sulla base di un contratto di maternità surrogata, una pratica vietata in Italia.
Confermando i precedenti dei giudici italiani, quelli di Strasburgo hanno respinto il ricorso dei coniugi. Non c’è stata infatti nessuna violazione dell’art. 8 della Cedu (rispetto della vita privata e familiare) e il bambino non ha subito pregiudizio o conseguenze gravi dalla separazione, attesa la mancanza di qualsiasi legame biologico con i ricorrenti e la breve durata della relazione con gli stessi.
Secondo la Corte non può trattarsi di vita familiare e l’atteggiamento dello Stato di aver tolto il bambino alla coppia è pienamente legittimo. Accettare di lasciare infatti il bambino con i ricorrenti avrebbe significato legalizzare la situazione da loro creata in violazione di regole importanti del diritto italiano. Ribadisce, inoltre, la propria competenza esclusiva a riconoscere un legame di filiazione, sussistente solo in caso di legame biologico o regolare adozione, in linea con lo scopo di proteggere il minore.