Modifiche all’assegno di mantenimento: le somme pregresse non sono dovute

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La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 23024 del 2019 ha statuito che, in seguito alla modifica dell’importo dell’assegno di mantenimento, se l’obbligato non ha ancora corrisposto le somme dovute, per tutti i periodi pregressi, tali prestazioni non possono più essere richieste. 

La pronuncia traeva origine dal caso in cui, in sede di separazione personale dei coniugi, il Tribunale aveva ridotto l’importo dell’assegno di mantenimento rispetto a quello disposto in via provvisoria ed aveva stabilito la decorrenza della corresponsione del nuovo importo a partire dal mese successivo al deposito della domanda introduttiva.

Anche la Corte d’appello confermava la decisione. La donna ricorreva così in Cassazione, lamentando che la la Corte d’Appello avrebbe erroneamente disposto la riduzione della somma, nonostante fosse priva di reddito e le fosse stata revocata l’assegnazione della casa familiare. Il secondo motivo di ricorso riguardava la decorrenza della riduzione dell’assegno di mantenimento, fatta retroagire alla data della domanda, e non della sentenza. Il provvedimento avrebbe quindi violato il principio secondo cui le somme corrisposte a detto titolo devono considerarsi irripetibili per la loro natura alimentare.

Interrogata su questi punti, la Corte, in ordine ai presupposti della riduzione dell’assegno quantificato in via provvisoria, rilevava che nel corso dell’istruttoria, anche all’esito delle investigazioni della polizia tributaria, era emerso che la moglie avesse potenziali capacità di guadagno. Sulla questione della retroattività della statuizione giudiziale, la Corte altresì precisava che i due opposti principi della normale retroattività della statuizione giudiziale di riduzione al momento della domanda, con il principio d’irripetibilità, impignorabilità e non compensabilità delle somme corrisposte a titolo di mantenimento, che hanno natura alimentare, devono essere contemperati sulla base di una considerazione di fatto. Se il soggetto obbligato non ha ancora corrisposto le somme dovute – come nel caso in esame – per tutti i periodi precedenti, tali prestazioni non possono più essere richieste, in forza del provvedimento che modifica l’importo dell’assegno (in questo caso la sentenza definitiva). Per contro, la parte che ha già ricevuto, per ogni singolo periodo, le prestazioni previste dalla sentenza di separazione, non può essere costretta a restituirle, né può vedersi opporre in compensazione, per qualsiasi ragione di credito, quanto ricevuto a tale titolo.

Per tutti questi motivi, il ricorso è stato respinto.