Diritto all’oblio per le vicende di cronaca passata

  • Categoria dell'articolo:Privacy
  • Tempo di lettura:4 minuti di lettura

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 19681 del 2019 hanno confermato l’orientamento giurisprudenziale favorevole al riconoscimento del diritto all’oblio, già disciplinato dal Regolamento UE n. 2016/679. La Corte ha sancito che in tema di rapporti tra diritto alla riservatezza e diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti. 

Più nel dettaglio, il caso di specie riguardava la pubblicazione su un quotidiano di un episodio di cronaca nera accaduto tempo fa, il quale raffigurava il ricorrente responsabile dell’omicidio della moglie, reato per il quale era stato condannato ed aveva già scontato dodici anni di reclusione.

La pubblicazione dell’articolo, dopo un lunghissimo lasso di tempo dall’episodio aveva determinato un notevole danno  all’immagine ed alla reputazione del ricorrente, il quale era stato così esposto ad una nuova gogna mediatica quando ormai era riuscito a reinserirsi nel contesto sociale.

La Suprema Corte ha affrontato la questione ritenendo opportuna un’ordinanza interlocutoria per affrontare il problema del bilanciamento tra il diritto di cronaca, posto al servizio dell’interesse pubblico all’informazione, ed il diritto all’oblio, finalizzato alla tutela della riservatezza della persona. L’ordinanza ha specificato che il diritto di cronaca, per pacifica e risalente acquisizione giurisprudenziale, è un diritto pubblico soggettivo fondato sulla previsione dell’art. 21 Cost., il quale sancisce il principio della libera manifestazione del pensiero e della libertà di stampa. Tale diritto non è tuttavia senza limiti, indicando la necessità della sussistenza di tre condizioni, costituite dall’utilità sociale dell’informazione, della verità oggettiva o anche solo putativa dei fatti e della forma civile dell’esposizione, che deve essere sempre rispettosa della dignità della persona. Il diritto all’oblio è collegato quindi, in coppia dialettica, al diritto di cronaca, posto che sussiste quando non vi sia più un’apprezzabile utilità sociale ad informare il pubblico, ovvero quando la notizia sia diventata “falsa” in quanto non aggiornata o, infine, quando l’esposizione dei fatti non sia stata commisurata all’esigenza informativa ed abbia arrecato un vulnus alla dignità dell’interessato.

Ebbene, ai fini della soluzione del caso in esame, le Sezioni Unite hanno sostenuto che la decisione di un quotidiano di procedere alla rievocazione storica di fatti ritenuti importanti in un determinato contesto sociale e territoriale non può essere messa in discussione in termini di opportunità. Tuttavia, al contrario, deve essere verificato dal giudice di merito se, essendo pacifico il diritto alla ripubblicazione di una certa notizia, sussista o meno un interesse qualificato a che questa venga diffusa con riferimenti precisi al protagonista della vicenda passata in quanto l’identificazione personale, che rivestiva un sicuro interesse pubblico nel momento in cui il fatto avvenne, potrebbe successivamente divenire irrilevante.

Proprio alla luce delle suesposte considerazioni la Suprema Corte accoglie il ricorso ritenendo che “in tema di rapporti tra il diritto alla riservatezza (nella sua particolare connotazione del c.d. diritto all’oblio) ed il diritto alla rievocazione storica di fatti e vicende concernenti eventi del passato, il giudice di merito – ferma restando la libertà della scelta editoriale in ordine a tale rievocazione, che è espressione della libertà di stampa e di informazione protetta e garantita dall’art. 21 Cost. – ha il compito di valutare l’interesse pubblico, concreto ed attuale alla menzione degli elementi identificativi delle persone che di quei fatti e di quelle vicende furono protagonisti”.

Tale menzione deve ritenersi lecita solo nell’ipotesi in cui si riferisca a personaggi che destino nel momento presente l’interesse della collettività, sia per ragioni di notorietà che per il ruolo pubblico rivestito. In caso contrario, prevale il diritto degli interessati alla riservatezza rispetto ad avvenimenti del passato che li feriscano nella dignità e nell’onore e dei quali si sia ormai spenta la memoria collettiva.