La Corte d’Appello di Lecce ha confermato la sentenza del tribunale di Lecce con cui un uomo è stato condannato a 5000 euro di multa per furto aggravato ai danni di una gioielleria e per ricettazione dell’assegno circolare che sempre l’uomo aveva provato ad usare come metodo di pagamento.
L’avvocato difensore dell’imputato chiede che il reato commesso dall’uomo venga riconosciuto come truffa e non come furto aggravato. A sostegno di ciò sottolinea che i giudici della Corte d’Appello hanno ritenuto il comportamento dell’uomo “truffaldino”.
Avverso la decisione della Corte d’Appello l’uomo propone ricorso per cassazione.
Nel caso di specie il ricorrente fa notare che con il termine furto è più corretto intendere una sottrazione di un oggetto in un momento di mancata sorveglianza del detentore dell’oggetto.
La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile e integra affermando che «in tema di reati contro il patrimonio, per qualificare il carattere dell’offesa e stabilire se essa integri gli estremi del furto o quelli della truffa, deve aversi riguardo alla fase risolutiva del processo causale: si configura un’ipotesi di furto, e non di truffa, qualora il reo abbia compiuto attività preparatorie finalizzate ad operare il trasferimento a sé del bene col ricorso a mezzi fraudolenti nei confronti della vittima, ma tra l’atto dispositivo di questa ed il risultato dell’impossessamento si inserisca l’azione del predetto con caratteri di usurpazione unilaterale».
Con la sentenza n. 36864/20 del 21 dicembre la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile e condanna l’uomo al pagamento delle spese processuali e della somma di 3000 euro in favore della Cassa delle Ammende.