La Corte di Cassazione con l’ordinanza del 16 giugno 2020, n. 11636 ha confermato l’improcedibilità della domanda di divorzio per mancanza del presupposto dell’ininterrotta separazione, avendo i coniugi continuato a coabitare, nelle more del giudizio, nella casa familiare.
Più nel dettaglio, dopo la separazione consensuale omologata con decreto del 2003, i coniugi avevano convissuto con la prole nell’immobile adibito a casa coniugale dal 2004 al 2012.
La Corte d’appello di Milano aveva dichiarato improcedibile la domanda del marito per ottenere il divorzio, confermando la decisione del Tribunale di merito.
Secondo la ricostruzione dei fatti in giudizio, l’uomo, dopo la separazione, aveva convinto la donna a rientrare con i figli nell’abitazione coniugale. Per ben otto anni i coniugi avevano continuato a vivere insieme. Secondo il marito si era trattata di mera coabitazione volta a facilitare il rapporto con i figli, precisando che i coniugi dormivano in letti separati.
Sulla base di tali circostanze, la Corte territoriale ha ritenuto operante nel caso di specie la riconciliazione, la quale ai sensi dell’art. 157 c.c., consiste nella “ricostituzione del consorzio familiare attraverso la ricomposizione della comunione coniugale di vita, ossia la ripresa di relazione reciproche oggettivamente rilevanti, che si siano concretizzate in un comportamento inequivoco, incompatibile con lo stato di separazione”.
L’uomo ricorre, quindi, in Cassazione ritenendo errata la valutazione dei giudici di merito, i quali non avrebbero considerato alcuni fatti decisivi, di seguito enunciati:
- la moglie aveva percepito in ogni caso il mantenimento concordato in separazione;
- le parti avevano depositato domanda congiunta di modifica delle condizioni di separazione;
- l’uomo aveva ricevuto una lettera da un avvocato come difensore della donna, che lo invitava a valutare l’opportunità di presentare un ricorso congiunto per lo scioglimento del matrimonio.
Tutte queste circostanze, secondo la Corte, sono state correttamente esaminate e ritenute ininfluenti e non incompatibili con la riconciliazione.vSecondo la Corte, infatti, il ricorrente avrebbe dovuto più efficacemente richiedere prove contrarie a quelle ammesse per contestare la riconciliazione, richiesta che non è avvenuta tempestivamente nel caso di specie. Ne deriva che il ricorso è stato respinto.