Pensione di reversibilità suddivisa tra prima e seconda moglie

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Il Tribunale di Sulmona fissava la quota della pensione di reversibilità spettante alla coniuge divorziata di un uomo deceduto al 35% del totale, destinando il restante 65% alla coniuge superstite dell’uomo e al figlio minorenne.

Avverso la pronuncia del Tribunale la prima moglie chiedeva in Corte d’Appello la ridistribuzione delle quote ottenendo il 40% del totale.

La pronuncia viene nuovamente impugnata dalla moglie divorziata in quanto riteneva che vi fosse stata una violazione degli artt. 5 e 9, comma 3, l. n. 898/1070.

Con l’ordinanza n. 25656/20 del 13 novembre la Corte di Cassazione ritiene il ricorso inammissibile.

La ripartizione della pensione di reversibilità tra coniuge divorziato e superstite deve infatti tenere conto di:

  • durata dei matrimoni;
  • durata convivenze prematrimoniali;
  • entità dell’assegno di mantenimento attribuito all’ex-moglie;
  • condizioni economiche degli/delle aventi diritto.

La convivenza more-uxorio non ha «una semplice valenza “correttiva” dei risultati derivanti dall’applicazione del criterio della durata del rapporto matrimoniale, bensì un distinto ed autonomo rilievo giuridico, ove il coniuge interessato provi stabilità ed effettività della comunione di vita prematrimoniale».

La durata della convivenza non può essere confusa con la durata del matrimonio e l’entità dell’assegno di mantenimento versato all’ex moglie non deve essere un limite legale alla quota di pensione attribuibile all’ex coniuge.

Secondo la Suprema Corte la Corte territoriale aveva già applicato correttamente i principi menzionati e il ricorso non poteva che essere ritenuto inammissibile.