Nello studio n. 196-2017/C il Consiglio Nazionale del Notariato illustra come la legge n. 76 del 2016 (la c.d. legge Cirinnà) abbia reso accessibile il regime di comunione legale anche ai conviventi: la comunione dei beni è accessibile solo a quelle coppie “di fatto” (ma in realtà “di diritto”) le quali, sulla base dei requisiti legali, abbiano registrato la loro convivenza, assoggettandola alla legge speciale ovvero abbiano stipulato un contratto di convivenza optando espressamente per la comunione dei beni e abbiano realizzato la pubblicità dichiarativa prevista dalla legge.
Si tratta di adempimenti che comportano un’ampia garanzia per il mercato e per gli operatori, perché consistono in adempimenti pubblicitari e previsioni formali nell’ambito di un contratto di convivenza, in cui si innesta anche il necessario intervento di un professionista abilitato in funzione di controllo. Secondo lo studio deve ritenersi esclusa la possibilità di scegliere un regime di comunione convenzionale, come del resto riconosciuto da gran parte della dottrina. Sono molti gli elementi testuali in tal senso contenuti nella stessa legge Cirinnà: ad esempio, il co. 53 prevede solo la comunione legale e un’eventuale modifica di tale regime (seppur consentita) porterebbe solo verso un’ordinaria situazione di appartenenza individuale dei beni. In sostanza, “modificare il regime significa semplicemente sciogliere la comunione e ritornare al non-regime”. Altra conferma della tesi dell’esclusività della comunione legale verrebbe dal co. 60, in materia di risoluzione del contratto di convivenza e scioglimento della comunione il quale richiama espressamente le norme sulla comunione dei beni esclusivamente nella versione legale, a dimostrazione che il legislatore non ha contemplato altro regime.
Le coppie unite civilmente, quindi, in mancanza di diversa convenzione patrimoniale, ricadranno nel regime della comunione di bene ( ex artt. 162, 163, 164 e 166 c.c. per forma, modifica, simulazione e capacità per la stipula delle convenzioni); quelle che costituiscono una “convivenza di fatto”, potranno stipulare un contratto di convivenza il quale potrà contenere “il regime patrimoniale della comunione dei beni, di cui alla sezione III del capo VI del titolo VI del libro primo del codice civile”. Per i conviventi, dunque, la comunione dei beni è solo opzionale.