Contratto di locazione ad uso non abitativo: possibilità di recesso ex art. 27 L. n. 392 del 27.07.1978
A cura dello Studio Legale Parenti
Con la presente si intende svolgere una breve analisi circa le possibilità offerte dalla legge di recedere dal
contratto di locazione a uso non abitativo:
1) Sul dato normativo: l’art. 27, comma 8, L. 27 luglio 1978, n. 392
In primo luogo, occorre considerare che, nell’ambito dei rapporti locatizi regolati dalle previsioni di cui
alla L. 27 luglio 1978 n. 392, il dettato normativo consente al conduttore, anche indipendentemente dal
regolamento contrattuale predisposto dalle parti e tra le stesse vigente, qualora ricorrano gravi motivi, di
“recedere in qualsiasi momento dal contratto con preavviso di almeno sei mesi da comunicarsi con
lettera raccomandata”.
Tanto sta a significare che, anche qualora il locatore e il conduttore non abbiamo espressamente pattuito il
diritto di recedere dal contratto di locazione a uso diverso dall’abitativo, la legge riserva, comunque, al
conduttore, la detta facoltà, purché ricorrano particolari condizioni, che il dettato normativo indica
genericamente come “gravi motivi”.
2) Sulla lettura giurisprudenziale del dato normativo: orientamenti della Corte di Cassazione
A fronte di un testo di legge dalla portata tanto ampia e generica, allora, è la giurisprudenza di legittimità
ad assumersi il ruolo di attribuire un significato reale ed effettivo alla clausola generale.
Al riguardo, la Suprema Corte ha in più occasioni osservato che “i gravi motivi in presenza dei quali
l’art. 27, ultimo comma, l. 27 luglio 1978 n. 392, indipendentemente dalle previsioni contrattuali,
consente il recesso del conduttore dal contratto di locazione (da comunicare con preavviso, contenente la
specificazione dei motivi, di almeno sei mesi, a mezzo di lettera raccomandata od altra modalità
equipollente), devono sostanziarsi in fatti involontari, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del
rapporto ed essere tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore medesimo, sotto il profilo
economico, la prosecuzione del rapporto locativo” (da ultimo, Cass., 19 luglio 2005, n. 15215).
La decisione non è isolata – anzi, si pone nel solco di un orientamento piuttosto costante del giudice di
legittimità, il quale ha, sempre in tempi recenti, osservato che “in tema di locazioni di immobili a uso
diverso da quello di abitazione, i gravi motivi, che consentono al conduttore di recedere, ai sensi dell’art.
27, ultimo comma, della l. n. 392 del 1978, indipendentemente dalle previsioni contrattuali, devono
essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla costituzione del
rapporto, in modo da rendergli oltremodo gravosa la prosecuzione del rapporto. Pertanto, con
particolare riferimento alle locazioni commerciali, può integrare grave motivo di recesso un andamento
della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività dell’impresa), sopravvenuto ed
oggettivamente imprevedibile, che, imponendo l’ampliamento o la riduzione della struttura aziendale, sia
tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del rapporto locativo” (Cass., 20 febbraio 2004,
n. 3418; e anche, nello stesso senso: Cass., 12 novembre 2003, n. 17042; Cass., 15 luglio 2003, n. 11075;
Cass., 22 novembre 2000, n. 15082; Cass., 10 dicembre 1996, n. 10980; Cass. n. 1098/1994; Cass. n.
11466/1992; Cass. n. 260/1991).
In particolare, poi, tentando approfondimenti più specifici sul tema, la S. C. ha statuito, altresì, che, per
fondare il diritto al recesso del conduttore, “i gravi motivi di cui all’art. 27, comma 8, l. 27 luglio 1978 n.
392 devono essere determinati da fatti estranei alla sua volontà, imprevedibili e sopravvenuti alla
costituzione del rapporto e tali da rendergli oltremodo gravosa la sua prosecuzione. Ciò significa, in
relazione al requisito dell’estraneità, che il comportamento deve essere consequenziale a fattori obiettivi,
ma non che non sia volontario e che perciò, se il conduttore è un imprenditore commerciale, egli non
possa operare una scelta di adeguamento strutturale dell’azienda, ampliandola o riducendola per
renderla rispondente alle sopravvenute esigenze di economicità e produttività” (in questi termini, Cass.,
12 novembre 2003, n. 17042).
E, ancora, si specifica che “con particolare riferimento alle locazioni commerciali, può integrare grave
motivo di recesso un andamento della congiuntura economica (sia favorevole che sfavorevole all’attività
dell’impresa), sopravvenuto ed oggettivamente imprevedibile, che imponendo l’ampliamento o la
riduzione della struttura aziendale, sia tale da rendere particolarmente gravosa la persistenza del
rapporto locatizio” (in questi termini, Cass., 20 febbraio 2004, n. 3418; ma, anche, più risalente e
richiamata dalla precedente, Cass., 10 dicembre 1996, n. 10980).
Il dato che emerge dalla lettura delle numerose decisioni di legittimità sopra richiamate, allora, evidenzia
l’identificazione, da parte della Corte di Cassazione, di tre condizioni necessarie ai fini della integrazione
dei non altrimenti meglio specificati “gravi motivi”, ossia: la estraneità, la sopravvenienza e la
imprevedibilità.
Nel dettaglio:
la estraneità si identifica con la non riconducibilità, alla volontà del soggetto che intende esercitare il
recesso, delle “circostanze che rendano oltremodo gravosa per lui la persistenza del rapporto” (ex
plurimis, Cass., 10 dicembre 1996, n. 10980), ma non può intendersi riferita anche alle determinazioni cui
l’imprenditore si risolve (ad esempio, riduzione del personale) in conseguenza del verificarsi di quelle
circostanze: infatti, al riguardo, la S.C. osserva che “in presenza di fatti che rendano necessario un
ridimensionamento dell’organizzazione aziendale del conduttore il requisito della estraneità riguarda le
cause obiettive che impongano tale ridimensionamento, rendendolo più consono alle esigenze di
economicità e di produttività della gestione aziendale, non i comportamenti che a seguito di esse
l’imprenditore possa adottare. Questi sono per loro natura volontari, ma ciò che rileva è la loro
correlazione a fattori obiettivi, sì che non possano apparire frutto di iniziative arbitrarie o improvvisate”
(Cass. n. 10980/1996);
la sopravvenienza si identifica con l’intervenire della circostanza che rende il contratto di locazione
eccessivamente gravoso per il conduttore nel corso del rapporto di locazione medesimo;
la imprevedibilità si identifica in riferimento a un criterio di normale prevedibilità, venendo integrata da
circostanze per l’appunto, “non rientranti nella normale prevedibilità, che va intesa non in senso astratto
ed assoluto, ma in senso concreto e relativo, nel senso cioè di un ragionevole affidamento sul prodursi o
meno di certi fenomeni in una determinata misura e entro un arco di tempo circoscritto seppure in
termini di ragionevole elasticità” (Cass. n. 10980/1996; ma anche, nello stesso senso, Cass. n.
11466/1992).