Trovato con un chilo di “erba” in casa: respinta l’ipotesi dell’uso terapeutico

Il caso

Le forze dell’ordine trovavano a casa di un uomo invalido 979,65 grammi di marijuana e 168,09 grammi di hashish.

La Corte d’Appello di Milano, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Milano, riteneva l’uomo responsabile per il reato di detenzione illecita di droga e lo condannava a un anno di reclusione e al pagamento di 3000 euro di multa.

L’imputato proponeva ricorso per cassazione lamentando vizio di motivazione e violazione di legge in relazione al diniego del riconoscimento della fattispecie di lieve entità .

 Egli spiega infatti di detenere sostanze stupefacenti ad uso terapeutico e non con fini di spaccio. Visto lo stato di disabilità in cui versa giustifica il possesso allegando certificazioni mediche “per l’assunzione di cannabis per uso terapeutico”.

La Suprema Corte respinge l’ipotesi dell’”uso personale (terapeutico)” concordando con la decisione dei giudici di merito che “correttamente hanno valorizzato la circostanza della quantità particolarmente rilevante dello stupefacente in una condizione personale di limitata capacità economica per l’acquisto in tale quantità, la presenza di indici della attività di confezionamento in singole dosi per la rivendita nonché la assenza di elementi probanti di una così consistente destinazione a uso terapeutico”.

La quantità di stupefacente rinvenuta nell’abitazione del ricorrente (quasi un chilogrammo) “dimostra una capacità di vendita di numerosissime dosi di droga nel breve periodo e, quindi, una dimensione della attività di spaccio certamente non di minima entità”.

Impossibile per i Giudici riconoscere l’ipotesi della “lieve entità”.

Con la sentenza n. 17874/21 del 7 maggio la Corte di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.