Un uomo veniva condannato dal Tribunale di Padova a 2 mesi di reclusione per non aver versato la quota stabilita per il mantenimento della figlia minore.
Presso la Corte d’Appello di Venezia viene contestata dalla Procura Generale della Repubblica la mancanza della sanzione pecuniaria. La stessa propone poi ricorso per cassazione.
Nell’art. 570-bis c.p. è infatti contemplato il reato di violazione degli obblighi di assistenza famigliare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio. In tale articolo è previsto che vengano applicate le pene dell’articolo 570 c.p..
La Suprema Corte pone l’attenzione sul fatto che per garantire l’organicità del sistema penale è stato introdotto il principio della riserva di codice (d.lgs. n. 21/2018). In questa ottica si pone l’articolo 570-bis c.p. che appunto sanziona la condotta del coniuge che non versa la quota di mantenimento all’ex coniuge e\o ai figli.
I Giudici della Cassazione osservano che nell’art. 12-sexies della l.n. 898/1970 non è prevista dal legislatore l’applicazione delle sanzioni dell’art. 570 c.p..
Le Sezioni Unite, per risolvere gli eventuali dubbi interpretativi, affermano che «Nel reato di omessa corresponsione dell’assegno divorzile previsto dall’art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898, come modificato dall’art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74, il generico rinvio, quoad poenam, all’art. 570 c.p. deve intendersi riferito alle pene alternative previste dal comma primo di quest’ultima disposizione».
Quanto dichiarato si applica anche all’art. 570-bis c.p. e con la sentenza n. 33165/20 del 25 novembre la Corte di Cassazione dichiara il ricorso manifestamente infondato e quindi inammissibile