Eredità: con l’accettazione beneficiata il minore diventa erede

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Nel caso in cui un minore sia chiamato ad accettare un’eredità ed il suo legale rappresentante abbia effettuato l’accettazione beneficiata, questi acquista la qualità di erede, anche in difetto di redazione dell’inventario. È quanto statuito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15267 del 2019.

La pronuncia in commento trae origine dall’accettazione beneficiata di eredità effettuata da una madre per conto della figlia minore, a seguito della morte del padre. Durante la decorrenza del termine per la redazione dell’inventario, il Tribunale di Bologna condannava la minore al rilascio di un immobile a suo tempo condotto in locazione dal padre (deceduto senza che vi fosse successione nel contratto), nonché al pagamento dei canoni di locazione, dell’indennità di occupazione e delle spese processuali. La madre e la figlia, nel frattempo divenuta maggiorenne, impugnavano la sentenza rilevando che la condanna fosse intervenuta mentre era ancora pendente il termine per la redazione dell’inventario e che la figlia aveva successivamente rinunciato all’eredità.

La Corte d’appello di Bologna rigettava tuttavia l’impugnazione, ribadendo che l’accettazione beneficiata comporta comunque l’acquisto della qualità di erede a prescindere dalla redazione dell’inventario.

Quest’ultima proponeva allora ricorso per Cassazione, contestando che all’accettazione beneficiata, pendente il termine per redigere l’inventario, conseguisse l’automatico acquisto della qualifica di erede. Nel caso di specie, non essendovi stata redazione dell’inventario, l’accettazione non si sarebbe quindi compiuta e la ricorrente avrebbe dovuto considerarsi semplice “chiamata”, con la conseguente possibilità di rinunciare all’eredità come di fatto era accaduto. Osservava ancora la ricorrente che dalla previsione di cui all’art. 471 c.c., per cui le eredità devolute ai minori e agli interdetti possono accettarsi solo con beneficio di inventario, conseguirebbe che qualora il legale rappresentante non compia l’inventario troverebbe applicazione l’art. 489 c.c.

Nell’esame del ricorso in oggetto la Corte premette che nel nostro ordinamento il legale rappresentante del minore chiamato ad accettare l’eredità (solitamente entrambi i genitori o quello che esercita la relativa responsabilità sul figlio) può liberamente decidere di accettarla o rinunciarvi. Sia nell’uno che nell’altro caso, è comunque necessaria l’autorizzazione del giudice tutelare, ed in caso di accettazione l’art. 471 c.c. dispone inoltre che questa avvenga necessariamente in forma beneficiata. La finalità protettiva di tale ultima norma ha come obiettivo quello di assicurare che, una volta compiuto l’inventario, possa evitarsi la confusione tra il patrimonio personale dell’erede e quello del de cuius, con conseguente limitazione della responsabilità dell’erede nei soli limiti dell’attivo ereditario. Analoga finalità si rinviene nell’art. 489 c.c., ove si prevede che qualora il legale rappresentante del chiamato (minore, interdetto o inabilitato) non compia l’inventario, tali soggetti non sono comunque dichiarati decaduti dal beneficio di inventario, a differenza di quanto avviene in generale per i soggetti capaci.

Muovendo da tali premesse la Corte osserva quindi come la sola forma di accettazione valida in caso di eredità devoluta ai minori è quella beneficiata, mentre ogni altra forma di accettazione, tacita o espressa, è nulla ed improduttiva di effetti, dunque inidonea a conferire al minore la qualità di erede. Ad avviso della Corte, quindi, le tesi sostenute dalla ricorrente sono viziate da una confusione di fondo relativa alla nozione a fattispecie progressiva, da questa erroneamente riferita alla qualità di erede e non, come correttamente operato da dottrina e giurisprudenza, all’accettazione beneficiata. 

Alla luce di tale considerazioni, la Corte ha rigettato il ricorso, condannando la ricorrente alle spese.