La revoca del consenso di uno dei coniugi al procedimento di divorzio non impedisce al Tribunale di accertare comunque la sussistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale. È quanto stabilito dalla Corte di cassazione nell’ordinanza numero 19540 del 2018, con la quale è stato accolto il ricorso di un uomo avverso le sentenze della Corte d’appello di L’Aquila e del giudice di prime cure, con le quali invece era stata dichiarata l’improcedibilità della domanda congiunta di divorzio a causa del ripensamento della donna.
Ribadendo quanto già in precedenza affermato, i giudici hanno in particolare precisato che, rispetto ai presupposti richiesti dalla legge per il divorzio, la domanda congiunta riveste una natura “meramente ricognitiva” ed attribuisce pieni poteri decisionali al Tribunale in ordine alla loro effettiva sussistenza. Il ripensamento di uno dei coniugi, quindi, non è un fattore ostativo all’accertamento del giudice.
Per quanto riguarda invece la prole e i rapporti economici, l’accordo sotteso alla domanda di divorzio presenta valore negoziale e preclude pertanto al giudice di entrare nel merito, salvo che quanto pattuito sia contrastante con l’interesse dei figli minori. Anche in questo caso, però, la revoca del consenso da parte di uno solo dei coniugi non produce effetti, posto che ci si trova di fronte non a distinte domande di divorzio o all’adesione di una parte alla domanda dell’altra, ma ad una “iniziativa comune e paritetica, rinunciabile soltanto da parte di entrambi i coniugi”.
Ebbene, a differenza di quanto previsto per la separazione, le riconsiderazioni del coniuge non sono idonee ad interrompere la procedura di divorzio.