Licenziamento: la Cassazione delinea i confini

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Con la sentenza n. 10435 del 2018, il supremo Giudice del Lavoro si sofferma sul concetto di “ragioni inerenti all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa” il quale, secondo l’art. 3 legge n. 604 del 1966, indica tra le giustificazioni del licenziamento quelle che determinano un effettivo ridimensionamento delle unità di personale impiegate in una ben individuata posizione lavorativa, a prescindere dalla ricorrenza di situazioni economiche sfavorevoli o di crisi aziendali.

La fattispecie riguarda il ricorso proposto da una lavoratrice contro la sentenza della Corte territoriale competente che, nel giudicare illegittimo il licenziamento per motivo oggettivo irrogatole, per violazione dell’obbligo di repêchage, ha applicato la tutela indennitaria (e non quella reintegratoria), condannando la società al pagamento di quindici mensilità della retribuzione globale di fatto (ex art. 18, co. 5 L. n. 300/1970).

La Suprema Corte si interroga sulla reale portata applicativa dell’art. 18, comma 7, Stat. Lav. ed, in particolare, sulla possibilità di una residuale operatività della tutela reintegratoria nelle ipotesi in cui manchi uno dei due presupposti di legittimità, ovvero non venga assolto l’onere probatorio relativo all’obbligo di repêchage. Nell’assolvere alla sua funzione nomofilattica, in virtù della novità e della particolare importanza della questione concernete la portata applicativa dell’art. 18 co 7 Legge n. 300/1970,  enuncia il principio di diritto secondo cui “la verifica del requisito della ‘manifesta insussistenza del fatto posto a base del licenziamento’ concerne entrambi i presupposti di legittimità del giustificato motivo oggettivo e, quindi, sia le ragioni inerenti all’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa sia l’impossibilità di collocare altrove il lavoratore. La ‘manifesta insussistenza’ va riferita ad un evidente, e facilmente verificabile sul piano probatorio, assenza dei suddetti presupposti a fronte della quale il giudice può applicare la disciplina di cui al comma 4 del medesimo art. 18 ove tale regime sanzionatorio non sia eccessivamente oneroso per il datore di lavoro”.