Contratto collettivo autoferrotranvieri: il comporto prolungato si può applicare in seguito ad un intervento di osteosintesi?

  • Categoria dell'articolo:Attualità
  • Tempo di lettura:2 minuti di lettura

Il caso

Un lavoratore dipendente di una società di proprietà comunale si è visto costretto a rimanere a casa per un lungo periodo a seguito di un’operazione di osteosintesi, necessaria per curare una frattura.

Nonostante la sua richiesta di applicare il “comporto prolungato”, previsto dal suo contratto collettivo, che prevede un periodo di comporto di trenta mesi nell’arco di quarantadue mesi complessivi per malattie gravi come malattie oncologiche, sclerosi multipla e distrofia muscolare, il licenziamento è stato considerato legittimo.

La sentenza di secondo grado ha stabilito la legittimità del licenziamento basato sulla prolungata assenza per malattia del dipendente, che ha portato al superamento del periodo di comporto.

I giudici della Corte d’Appello di Reggio Calabria hanno incaricato un consulente medico-legale per valutare se l’assenza dal lavoro dovuta all’intervento chirurgico di osteosintesi potesse essere considerata altrettanto grave delle malattie elencate nella clausola contrattuale. Sulla base della perizia, è stata esclusa la somiglianza tra la patologia del lavoratore e le malattie gravi elencate nel contratto, come la donazione di organi, le malattie oncologiche, la sclerosi multipla, la distrofia muscolare, il morbo di Cooley e i periodi di degenza ospedaliera determinati da trapianti chirurgici.

Il ricorso presentato dal lavoratore in Cassazione risulta inammissibile.

I Giudici richiamando il paletto fissato dal contratto collettivo per gli autoferrotranvieri hanno ricordato che il comporto prolungato si applica solo nei casi di malattie gravi come quelle elencate nel contratto, debitamente certificate e riconosciute dall’azienda come tali. 

Nella vicenda di specie la valutazione compiuta dal medico è stata ritenuta sufficiente per giustificare il licenziamento del dipendente.

In sintesi, la sentenza ha sottolineato l’importanza di rispettare le clausole contrattuali e di valutare attentamente la gravità della patologia del dipendente prima di decidere di applicare o meno il comporto prolungato. Allo stesso tempo, si ribadisce che il lavoratore ha il diritto di fruire del comporto prolungato solo in caso di malattie gravi debitamente certificate e riconosciute dall’azienda.

Con la sentenza n. 5882 del 27 febbraio 2023 la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.