Corte di Cassazione, sentenza n. 2865 del 13.02.2015
Il locatore può chiedere il risarcimento del danno per mancata percezione dei canoni futuri, anche se non ha agito per la condanna all’adempimento di controparte, bensì per la risoluzione del rapporto di locazione.
E’ quanto affermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza in esame, cassando la pronuncia – su ricorso del locatore – con cui la Corte d’Appello, a fronte dell’intervenuta risoluzione della locazione, non gli aveva riconosciuto il lamentato danno per la mancata percezione di canoni futuri.
La Corte d’Appello, nel respingere la domanda, adduceva in particolare come il ricorrente avrebbe dovuto a tal fine agire per l’adempimento del conduttore moroso, piuttosto che per la risoluzione del contratto.
Ha viceversa sostenuto la Cassazione, con la pronuncia in esame, come invece non si possa negare detto risarcimento, anche se la parte abbia agito per la risoluzione ed ottenuto lo scioglimento del vincolo contrattuale, qualora la risoluzione da sola, come nel caso in questione, non sia sufficiente a mettere la parte non inadempiente nella stessa condizione in cui si sarebbe trovata se non vi fosse stato alcun inadempimento.
E tra i danni risarcibili vi sono, per l’appunto, anche quelli da “mancato guadagno” che siano conseguenza immediata e diretta dell’evento risolutivo e qui individuabili nell’incremento patrimoniale netto che il locatore avrebbe conseguito se avesse continuato a percepire i canoni dopo la risoluzione.
Corte di Cassazione, sentenza n. 1141 del 22.01.2015
E’ da considerarsi nullo, perché simulato, il contratto di locazione di un immobile stipulato per quaranta anni e ad un prezzo irrisorio.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione con la pronuncia in esame, con cui è stata dichiarata, su richiesta di una società creditrice, la nullità di un contratto di locazione per simulazione dello stesso.
La vicenda da cui trae spunto la pronuncia, riguarda due coppie di coniugi (rispettivamente nudi proprietari ed usufruttuari) che avevano dato in locazione un immobile al figlio della prima coppia, nonché nipote della seconda, per la durata di quaranta anni e per un canone ritenuto irrisorio, oltretutto pagato in anticipo rispetto al rapporto contrattuale.
La Cassazione, a conferma di quanto stabilito nel primo e secondo grado di giudizio, ha ritenuto sussistere nel caso di specie, presunzioni gravi, precise e concordanti, tali da giustificare la declaratoria di nullità del contratto per simulazione.
Corte di Cassazione, sentenza n. 19865 del 22.09.2014
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che se è prevista nelle locazione commerciali la clausola risolutiva espressa il semplice ritardo nel pagamento del canone legittima lo sfratto.
Corte di Cassazione, sentenza n. 12291 del 30.05.2014
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’inquilino può recedere per gravi motivi dal contratto di locazione qualora il cane del vicino abbai di continuo durante la notte arrecando disturbo alla quiete notturna.
Corte di Cassazione, sentenza n. 7210 del 27.03.2014
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il locatore deve risarcire i danni, a titolo di lucro cessante, all’impresa affittuaria nel caso in cui essa dimostri che la diminuzione del fatturato sia dipesa dalla cattiva manutenzione dell’immobile.
Corte di Cassazione, sentenza n. 5596 del 11.03.2014
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il diritto di prelazione in favore del conduttore è previsto solo nel caso in cui il locatore gli abbia intimato disdetta per la prima scadenza, comunicandogli anche di voler vendere la proprietà a terzi.
Corte di Cassazione, sentenza n. 2619 del 05.02.2014
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che incombe sull’affittuario dimostrare che i danni riscontrati dal proprietario dell’appartamento non sono imputabili a lui. Infatti, in assenza di prova contraria, si presume il «buono stato» dell’immobile.
Corte di Cassazione, sentenza n. 17324 del 11.10.2012
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che va considerato nullo per indeterminabilità dell’oggetto il contratto preliminare di concessione del godimento di locali se l’impegno è generico e manca l’indicazione del corrispettivo.
Per la suprema corte, infatti, “è correttamente qualificato nullo per indeterminabilità dell’oggetto – e non vi è quindi inadempimento delle obbligazioni che vi si vorrebbero ricollegare, tale da fondare un diritto al risarcimento – il contratto con cui una parte si impegni genericamente a stipulare un futuro contratto di concessione del godimento di locali genericamente come necessari per lo svolgimento di un’attività, quando sia prospettato, in primo luogo, alternativamente che tanto possa avvenire con o senza corrispettivo e, soprattutto, quando manchi la descrizione dei beni, l’indicazione della durata e, per il caso di contratto oneroso, il corrispettivo del godimento”. “Né – prosegue la Corte – potendo giovare la considerazione di manifestazioni di volontà di una od entrambe le parti anteriori al contratto, se non trasfuse nel suo tenore letterale con apprezzabile grado di concretezza, ovvero del quadro normativo di riferimento, ove da esso non si ricavino con analoga concretezza i detti elementi essenziali”.
Corte di Cassazione, sentenza n. 8561 del 29.05.2012
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che se il contratto non è per uso abitativo è chi prende in fitto l’immobile che deve verificare se essi sia idoneo o meno a svolgere l’attività che vuole esercitarvi. Nei contratti di locazione relativi ad immobili destinati ad uso non abitativo, grava sul conduttore l’onere di verificare che le caratteristiche del bene siano adeguate a quanto tecnicamente necessario per lo svolgimento dell’attività che egli intende esercitarvi, nonché al rilascio delle necessarie autorizzazioni amministrative”. Non solo, “ne consegue che, ove il conduttore non riesca ad ottenere tali autorizzazioni, non è configurabile alcuna responsabilità per inadempimento a carico del locatore, e ciò anche se il diniego sia dipeso dalle caratteristiche proprie del bene locato”.
Corte di Cassazione, sentenza n. 6580 del 07.05.2012
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che anche se vanta dei controcrediti non è mai consentito al conduttore autoridursi il canone di locazione.
Per i giudici, che richiamano la sentenza n. 13887/2011, una simile condotta si trasforma in “un’alterazione del sinallagma contrattuale che determina uno squilibrio tra le prestazioni delle parti”. E questo “a prescindere dalla carenza di prova della sussistenza dei presupposti del vantato controcredito, anche per la non configurabilità […] di una condotta di non contestazione da parte del locatore”. Il caso era quello di una signora che ricorreva contro una sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva riconosciuto la risoluzione del contratto per mancato pagamento del canone. A nulla è valsa, dunque, l’argomentazione della difesa secondo cui l’inquilina aveva interrotto il pagamento della pigione perché aveva fronteggiato di tasca propria urgenti di lavori di manutenzione straordinaria.
Corte di Cassazione, sentenza n. 15365 del 28.06.2010
La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la clausola risolutiva espressa contenuta in un contratto di locazione non ha carattere vessatorio e, pertanto, non deve essere approvata per iscritto. Con tale principio la Corte ha confemato la decisione della Corte d’appello di Milano che aveva dichiarato risolto un contratto di locazione di immobile a uso commerciale. Secondo i giudici di legittimità la facoltà di avvalersi della clausola risolutiva espressa, invocata dai proprietari dopo l’inadempimento del conduttore, è perfettamente legittima e non vessatoria con la conseguenza che non è necessaria un’approvazione specifica dell’accordo. Infatti alla clausola risolutiva espressa, ha concluso la Corte, non deve essere applicato l’articolo 1341 del codice civile “in quanto non particolarmente onerosa”.
Corte di Cassazione, sentenza n. 14772 del 24.06.2009
La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che “il mancato rilascio di concessioni, autorizzazioni o licenze amministrative relative alla destinazione d’uso di beni immobili non è di ostacolo alla valida costituzione di un rapporto di locazione sempre che vi sia stata, da parte del conduttore, concreta utilizzazione del bene secondo la destinazione d’uso convenuta”. Al contrario il proprietario è responsabile della mancata regolarizzazione urbanistica nel caso in cui la destinazione particolare dell’immobile costituisca il contenuto “dell’obbligo specifico dello stesso locatore di garantire il pacifico godimento dell’immobile in rapporto all’uso convenuto” La Corte con la sentenza in esame si è occupata del caso di un conduttore che aveva stipulato un contratto di locazione per uso laboratorio odontotecnico. In realtà il bene aveva come destinazione d’uso quella di magazzino. Il conduttore aveva dedotto di non aver potuto utilizzare l’immobile perché altrimenti sarebbe andato incontro a sanzioni amministrative. Il Proprietario al contrario aveva evidenziato che il conduttore aveva comunque utilizzato il bene ed era a conoscenza dei problemi inerenti la regolarizzazione sotto il profilo urbanistico sin dalla sottoscrizione del contratto.