Il pagamento incompleto della sanatoria non blocca l’esecuzione

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Corte di Cassazione, sentenza n. 12965 del 14.06.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che non è sufficiente il cambio della ragione sociale attraverso la costituzione di una nuova società per sfuggire ai debiti fiscali dell’azienda.
Secondo i giudici di Piazza Cavour, che hanno confermato la sentenza della Corte d’Appello di Brescia, la società esecutata <> che scatta <>. Non solo, ma per la Cassazione, la Corte territoriale aveva correttamente ritenuto che la decorrenza del contratto di locazione da parte della nuova impresa, soltanto tre mesi dopo la cessazione dell’attività da parte della prima società, debitrice dell’imposta, non era sufficiente a vincere la presunzione di legge. Infatti, la norma prevede unicamente che via sia <>. Mentre <> non costituisce <>. Infine, per bloccare il pignoramento dei beni deve essere dimostrato <> che appartenevano ad altri soggetti. Mentre non delle semplici testimonianze, come pure aveva provato a sostenere la società esecutata.

Corte di Cassazione, sentenza n. 9695 del 03.05.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’estratto di conto corrente non costituisce, in caso di contestazione, di per sé prova dell’entità del credito della banca. Per la Corte “deve escludersi l’idoneità probatoria dell’estratto di conto corrente” anche se certificato secondo le procedure previste dalla legge.
Infatti, “esso in caso di contestazione, non può integrare di per sé prova a favore dell’azienda di credito dell’entità del credito, in quanto atto unilaterale proveniente dal creditore e dovendo ritenersi eccezionale la valenza probatoria ad esso riconosciuta ai fini del conseguimento del decreto ingiuntivo”. E perciò “non estensibile al di fuori delle ipotesi espressamente previste”.
Sarà il giudice del rinvio a dover valutare se vi è o meno un credito esigibile attenendosi al principio di diritto per cui “l’estratto di conto corrente, benché certificato […], non costituisce, in caso di contestazione, di per sé prova dell’entità del credito della banca”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 9653 del 02.05.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la presentazione del condono non definisce la lite con il Fisco se, prima dell’inizio dell’azione esecutiva, il contribuente non ha pagato l’intero. In questo caso il Fisco riacquista il potere di accertamento per tutti i periodi d’imposta indicati. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso di un contribuente per un accertamento Iva relativo al 1990 per il quale invocava l’adesione al condono fiscale. Per la Corte, dunque, “la definizione delle situazioni e pendenze tributarie può ritenersi avvenuta soltanto se i contribuenti che abbiano presentato le dichiarazioni integrative” previste dalle norme in materia di condono e “non abbiano eseguito, in tutto o in parte, i dovuti versamenti, abbiano poi provveduto, alla scadenza della rato o, comunque, prima dell’inizio dell’azione esecutiva, al pagamento delle complessive somme iscritte nel ruolo speciale” previsto dalla sanatoria.
Per cui “in difetto”, proseguono i giudici “non si verifica alcuna definizione, con la conseguenza che l’amministrazione riacquista il potere di esercitare l’azione di accertamento con riferimento a tutti i periodi di imposta indicati nella dichiarazione integrativa”.