Taglio di capelli in carcere con forbici o dispositivo elettronico. A chi spetta la scelta?

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Il caso

Il Tribunale di sorveglianza di Perugia, non sussistendo alcun divieto legittimo, accoglieva il reclamo proposto da un detenuto e disponeva che “il servizio barberia dell’istituto carcerario dovesse garantire l’esecuzione del taglio dei capelli del detenuto non solo mediante dispositivo elettrico ma con impiego di forbice e pettine”.

Proponeva ricorso avverso tale ordinanza il Ministero di Giustizia per mezzo dell’Avvocatura di Stato lamentando tra gli altri motivi violazione dell’art. 69 c.p. e denunciando “la carenza assoluta di giurisdizione in materia riservata dalla legge alla potestà discrezionale dell’Autorità amministrativa, in tesi non irragionevolmente esercitata in rapporto ad evidenti esigenze di sicurezza interna dell’istituto di pena”.

Il ricorso risulta fondato. 

Già da tempo la Suprema Corte ammonisce “a non confondere il diritto soggettivo del detenuto, nel suo nucleo intangibile, cui è garantita protezione, con le mere modalità di esercizio di esso, inevitabilmente assoggettate a regolamentazione”. 

La sola negazione del diritto in quanto tale, quindi, “integra lesione suscettibile di reclamo giurisdizionale, mentre le modalità di esplicazione del diritto restano affidate alle scelte discrezionali dell’Amministrazione penitenziaria, in funzione delle esigenze di ordine e disciplina interne, che, ove non manifestamente irragionevoli, ovvero sostanzialmente inibenti la fruizione del diritto, non sono sindacabili in sede giudiziaria”.

I Giudici chiariscono che i presupposti essenziali dell’intervento giurisdizionale sono costituiti “dall’esistenza, in capo dal detenuto, di una posizione giuridica attiva, non riconducibile (o non riconducibile ulteriormente) per effetto della carcerazione e direttamente meritevole di protezione, nonché dal rilievo di una condotta, imputabile all’Amministrazione penitenziaria, che si ponga con tale posizione soggettiva in illegittimo contrasto”. 

La limitazione e l’esclusione di strumenti manuali da taglio, rientrano nelle legittime prerogative delle singole Direzioni d’istituto e l’inibizione all’uso di tali strumenti “risponde a finalità di sicurezza di intuitiva comprensione, in tal modo non arbitrariamente perseguite (ancorché siano immaginabili, e siano realizzati in qualche altro istituto, alternativi protocolli, che possano assicurare equivalenti cautele), né il divieto frustra, sotto l’aspetto considerato, il diritto del detenuto al decoro e all’igiene personale, comunque assicurato, venendo ad incidere solo sulle concrete modalità di esercizio del diritto stesso” (Cass. n. 21349/21).

Con la sentenza n. 46704/21 del 21 dicembre la Corte di Cassazione annulla senza rinvio il provvedimento impugnato.