Non sussiste la giurisdizione italiana sugli scafisti fermati oltre le acque territoriali

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Corte di Cassazione, sentenza n. 17462 del 26.07.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che in riferimento all’ipotesi di cittadino italiano in possesso anche della cittadinanza di un Paese UE, o anche extraeuropeo, deve escludersi, secondo la circolare del Ministero dell’Interno del 15 maggio 2008, n. 397, la possibilità di correggere, senza il consenso dell’interessato, il cognome attribuito nell’altro Paese di cittadinanza secondo le norme ivi vigenti. Del resto, in considerazione del fatto che il nome è incontrovertibilmente un diritto della personalità, tutelato anche a livello costituzionale, deve ritenersi che una modifica coattiva del cognome potrebbe essere consentita solo in presenza di diritti di rango parimenti elevato.

Corte di Cassazione, sentenza n. 26253 del 15.12.2009

La Suprema Corte, con la sentenza in esame intervenendo per la prima volta sulla condizione dei richiedenti misure di protezione internazionale al momento dell’ingresso illegale nel nostro paese, ha stabilito che lo straniero, giunto clandestinamente e trattenuto per accertamenti all’interno dell’aerostazione di arrivo, ha il diritto di presentare contestuale istanza di riconoscimento della condizione di rifugiato politico e di permanere nello Stato, (munito di permesso temporaneo o ristretto nel Centro d’identificazione) fino alla definizione della procedura avente ad oggetto la verifica della sussistenza delle condizioni per beneficiare dello status ovvero della protezione umanitaria. Nell’affermare il principio, la Corte ha sancito l’illegittimità del rifiuto, opposto dalla Polizia aeroportuale, a ricevere la predetta istanza nella fase di svolgimento dei primi controlli identificativi, precisando che l’Amministrazione ha ,invece, il dovere di riceverla ( e d’inoltrarla al Questore per l’assunzione delle determinazioni di sua competenza) astenendosi da alcuna forma di respingimento e dall’adozione di misure di espulsione che impediscano il corso e la definizione della domanda presso le Commissioni designate.

Corte di Cassazione, sentenza n. 15835 del 24.06.2009

Secondo la Suprema Corte la sussistenza di una convivenza ‘more uxorio’ tra uno straniero e un cittadino italiano non rientra tra le ipotesi tassative di divieto di espulsione previsto dall’art. 19 d.lg. n. 286 del 1998. La norma infatti non è suscettibile di interpretazione analogica o estensiva. In precedenza il Giudice di Pace che doveva decidere su un provvedimento di espulsione di una straniera, aveva sospeso gli effetti del provvedimento fino alla regolarizzazione legale del rapporto di convivenza. La Suprema Corte ha ritenuto errata la decisione del Giudice di Pace e, richiamando un principio già in precedenza espresso (Cass. n. 13810 del 2004), ha ribadito che la convivenza di fatto non è ostativa all’espulsione.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 11535 del 19.05.2009

Le Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione hanno stabilito che, in caso di richiesta di asilo politico, la valutazione dei presupposti spetta alle commissioni territoriali ad eccezione dell’apprezzamento politico circa le condizioni del paese di provenienza e il Questore può attuare quanto già deciso dalle commissioni.

Corte di Cassazione, sentenza n. 11803 del 20.05.2009

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame ha stabilito che lo straniero può congiungersi con sua figlia pur non avendo un posto fisso, anche se nel frattempo i figli sono diventati maggiorenni. La Suprema Corte, ha precisato che le disposizione del d.lgs. 5 /2007, l’art.29, comma 3 lettera b) d.lgs. n. 286/1998, richiedono allo straniero per la richiesta del ricongiungimento familiare di un alloggio che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge regionale per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica, ovvero, nel caso di un figlio di età inferiore agli anni 14 al seguito di uno dei genitori, del consenso del titolare dell’alloggio nel quale il minore effettivamente dimorerà di un reddito annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di solo familiare, al doppio dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di due o tre familiari, al triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale se si chiede il ricongiungimento di quattro o più familiari.

Corte di Cassazione, sentenza n. 11264 del 14.05.2009

La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che la richiesta di asilo per motivi politici non blocca la procedura di espulsione ed ha ritenuto valido l’ordine di allontanamento del questore e il decreto del prefetto perché la procedura amministrativa non si sospende.

Corte di Cassazione, sentenza n. 32960 del 06.09.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che non sussiste la giurisdizione italiana sugli scafisti fermati oltre le acque territoriali se sono stati intercettati fuori dalle acque territoriali, quindi oltre il limite di 12 miglia dalla costa, e provengono da paesi che non hanno ratificato la Convenzione internazionale sul diritto del mare. Inoltre, le autorità italiane non possono arrestarli se l’inseguimento è iniziato in acque internazionali. E’ quanto ha sancito la Suprema Corte che con la sentenza in oggetto, ha annullato la condanna decisa dalla Corte d’appello di Reggio Calabria nei confronti di due cittadini turchi, accusati di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. I due scafisti erano stati intercettati dalla Guardia di Finanza, mentre trasportavano una sessantina di cittadini extracomunitari su una piccola imbarcazione. La nave era stata sorpresa non nelle acque territoriali, ma a circa 24 miglia dalla costa, in quell’area marina definita dal diritto internazionale “zona contigua”. Si tratta di un’area che si estende oltre le acque dello Stato costiero, ed è disciplinata da una Convenzione internazionale del 1982, la Convenzione di Montego Bay, ratificata dal nostro paese. Gli scafisti erano stati fermati a 50 miglia dalla costa dopo un inseguimento iniziato nella zona contigua e processati in Italia, nonostante la Turchia non abbia in realtà ratificato la Convenzione. I due cittadini turchi impugnavano quindi la condanna, contestando la giurisdizione del giudice italiano. Gli Ermellini, chiamati a pronunciarsi sulla questione, hanno dato ragione agli imputati, infatti, “non sussiste la giurisdizione del giudice nazionale in ipotesi di reato consumato oltre il limite delle acque territoriali nazionali (e quindi oltre il limite di 12 miglia marine dalla costa), non essendo applicabile da parte delle autorità italiane l’istituto di diritto internazionale della c.d. “zona contigua” nei confronti di cittadini di nazionalità di un Paese ovvero di imbarcazioni del medesimo Paese, che non abbiano ratificato la Convenzione di Montego Bay del 10 dicembre 1982″. Non solo. Le autorità italiane non possono inseguire le navi in acque internazionali, dal momento che è escluso “diritto di inseguimento di una nave straniera da parte delle autorità italiane se l’inseguimento non inizi all’interno delle acque territoriali (ovvero della zona contigua quando ricorra il suo legittimo riconoscimento da parte dei Paesi coinvolti nella condotta)”.