La vicenda
Alcuni condomini lamentavano la costruzione di alcuni balconi che impedivano l’esercizio del loro diritto di veduta al loro immobile. La costruzione realizzata dai vicini di casa violava un accordo siglato anni prima che vedeva i convenuti impegnati a rispettare le distanze tra le costruzioni e non sopraelevare garantendo il diritto di veduta degli attori.
I convenuti si costituivano in giudizio contestando l’interpretazione del succitato contratto ed eccependo il loro diritto – acquisito per usucapione – di mantenere la costruzione della struttura soprelevata.
Il Tribunale prima, e la Corte d’Appello in seguito, accoglievano le ragioni della parte attrice.
A detta dei Giudici di merito con la sottoscrizione dell’accordo le parti avevano costituito una servitù di veduta che incombeva sul fondo servente dei convenuti, a favore del fondo dominante attoreo. Tale contratto prevedeva il divieto di costruire e mantenere opere che violassero le distanze legali tra gli edifici.
La parte soccombente decide di fare ricorso per cassazione perché la Corte aveva condannato i convenuti alla totale demolizione della struttura e non al suo semplice arretramento, quando invece, dove possibile, il giudice di merito dovrebbe optare per rimedi meno drastici.
La Corte di Cassazione accoglie il ricorso evidenziando che per i balconi in questione non era necessaria la demolizione e che per impedire le vedute abusive erano invece sufficienti rimedi diversi (es. arretramento della struttura).
Il giudizio viene successivamente rinviato nel grado di merito per una nuova valutazione.
Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 2, ordinanza n. 23184/20 del 23 ottobre