Per l’esenzione del bollo fa fede l’accertamento Asi

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T.A.R. sez. I Roma , Lazio sentenza 24/09/2015 n.11381

Fatto
Con il ricorso in esame il sig. De Fi. impugna il provvedimento in epigrafe indicato, deducendo:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 201 del Codice della strada, per difetto di notifica del decreto di revoca, in quanto, anziché essere effettuata con le modalità previste dal codice di procedura civile, è stata operata imponendo all’interessato di recarsi negli uffici della Questura.
Trattandosi di notifica inesistente, non sarebbe possibile neppure invocare la sanatoria prevista dall’art. 156 del Codice di rito.
2) Violazione dell’art. 120 del Codice della strada in relazione all’art. 73 del D.P.R. n. 309/90, in quanto il citato art. 120 non consentirebbe, in un mutato quadro normativo e giurisprudenziale, un’applicazione automatica degli effetti ad essa connessi.
3) in via subordinata, incostituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, se interpretata nel senso di prevedere l’automaticità dell’effetto sanzionatorio.
4) Violazione dell’art. 4 della Costituzione, in quanto la revoca della patente, disposta nella specie, finirebbe con l’impedire al ricorrente di espletare il suo lavoro, con ovvie conseguenze negative.
Si è costituito in giudizio l’Ufficio territoriale del Governo, a difesa del provvedimento impugnato.
Alla camera di consiglio del 9 luglio 2015, il Tribunale, ritenendo che ci fossero tutti i presupposti, di cui all’art. 60 del Codice del processo amministrativo, per definire la controversia con una sentenza in forma semplificata, ha dato avviso ai difensori delle parti presenti di tale intenzione.
Diritto
La questione controversa si presta ad un’agevole soluzione, in quanto tutt’e quattro i motivi di doglianza appaiono palesemente infondati.
1) In ordine al primo, concernente il presunto difetto di notifica del decreto di revoca, è agevole osservare, intanto, che contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, il provvedimento impugnato non costituisce un atto ricetti zio, in quanto l’effetto revocatorio è conseguenza del mero esercizio del potere sanzionatorio della pubblica amministrazione.
La comunicazione al privato ha una mera funzione di conoscenza della determinazione stessa, sicché l’eventuale irritualità di essa non inficia il provvedimento, ma, al più, dilata il termine per eventuali impugnative.
In ragione dell’evidenziata natura conoscitiva dell’adempimento de quo, trova piena applicazione il principio di strumentalità delle forme, sancito dall’art. 156 del codice di procedura civile, e, quindi, eventuali irregolarità riscontrate in fase di comunicazione dell’atto devono considerarsi sanate dalla dimostrata, piena conoscenza dello stesso da parte del destinatario.
2) Con riguardo alla seconda doglianza, il sig. De Fi. postula una lettura evolutiva dell’art. 120 del Codice della strada in relazione all’art. 73 del D.P.R. n. 309/90, assumendo che, oramai, i reati riguardanti gli stupefacenti sarebbero stati oggetto di una profonda rimeditazione da parte della giurisprudenza.
Non a caso, in via gradata, con il terzo motivo, strettamente connesso a quello in trattazione, prospetta una questione di costituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, se interpretato in senso difforme dalla tesi dal medesimo sostenuta.
La questione interpretativa, invero, è nettamente più semplice di quanto il sig. De Fi. vorrebbe fare intendere.
Premesso che le regole dell’ermeneutica impongono di privilegiare l’interpretazione letterale delle norme su qualsivoglia altro criterio applicativo, l’art. 120, al comma 2, è di una chiarezza esemplare, in quanto prevede la revoca – automatica – della patente di guida al verificarsi di determinati presupposti, tassativamente individuati al comma 1: fra essi, vi è, appunto, la condanna per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990 n. 309, vale a dire per uno dei delitti inerenti gli stupefacenti.
Nella specie, è incontroverso (non essendo neppure motivo di doglianza o di contestazione in fatto) che il ricorrente è stato condannato per una delle fattispecie innanzi indicate, sicché la misura revocatoria costituisce una conseguenza ineludibile della condotta sanzionata con sentenza penale. 3) Da quanto esposto, risulta evidente, per la gravità del reato accertato ed in virtù dell’ampia discrezionalità di cui gode il Legislatore, la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art. 120 del Codice della strada, non essendovi alcun elemento che possa far dubitare della giustezza, oltre che dell’opportunità, di revocare la patente di guida in un caso come quello di specie.
4) L’ultima doglianza scolora alla luce delle suesposte considerazioni: è evidente che quella applicata è una misura sanzionatoria, oltre che diretta ad impedire la commissione di ulteriori reati, sicché le esigenze “lavorative” frustrate non possono sicuramente incidere in punto di legittimità sulla misura e sulle modalità che il Legislatore ha dettato per punire e reprimere fatto di indubbia gravità.
In conclusione, il ricorso va rigettato.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza.
PQM
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter) rigetta il ricorso in epigrafe indicato.
Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali, quantificate in euro 1.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 luglio 2015 con l’intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente, Estensore
Stefania Santoleri, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 24 SET. 2015.

Corte di Cassazione, sentenza n. 2741 del 12.02.2015

Il Comune è tenuto a rispondere dei danni subiti da un motociclista aggredito da un cane randagio, stante il suo dovere di previsione e controllo del randagismo sul territorio di sua competenza.
E’ quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la sentenza in esame, in rigetto del ricorso presentato dalla compagnia assicuratrice del predetto Comune.
La società ricorrente, in particolare, si opponeva alla statuizione con cui la Corte territoriale aveva riconosciuto la piena responsabilità del Comune in ordine al sinistro occorso al conducente di un ciclomotore, il quale, alla guida del suo mezzo, si era visto improvvisamente attraversare da un cane randagio.
La Cassazione, nella pronuncia in esame, ha confermato la responsabilità dell’ente pubblico, proprio in base all’ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la P.A. è sempre responsabile dei danni riconducibili all’omissione di comportamenti dovuti, i quali costituiscono un limite alla sua attività discrezionale.
E’ per di più sempre tenuta ad adottare un comportamento improntato a diligenza qualificata, quanto all’impiego di accorgimenti idonei ad evitare o ridurre i rischi connessi alle attività ad essa affidate.
E qualora – come nel caso di specie – vi sia una concretizzazione del rischio che il comportamento dovuto tende proprio ad evitare, il nesso di causalità tra la condotta della P.A. ed il danno conseguito, deve dirsi presuntivamente provato.

Corte di Cassazione, sentenza n. 1829 del 15.01.2015

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’imputato per guida in stato di ebbrezza può richiedere la pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità e può richiedere di svolgerla in un comune esterno alla provincia di residenza e dunque contro le indicazioni di legge.

Corte di Cassazione, sentenza n. 26434 del 16.12.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha escluso la continuazione se gli ingressi illeciti nelle zone ZTL risultano a distanza di ore l’uno dall’altro e pertanto tutte le singole multe vanno pagate.

Corte di Cassazione, sentenza n. 24990 del 25.11.2014

In tema di responsabilità da circolazione stradale, se è vero che i conducenti di veicoli in servizio di emergenza (polizia, ambulanza, vigili del fuoco), anche quando procedono previa attivazione del dispositivo acustico d’allarme (c.d. sirena), non sono comunque esonerati dal dovere di osservare la generale prudenza nell’approssimarsi ai crocevia, è altresì vero che la violazione di tale generale obbligo di prudenza non esonera gli altri conducenti dall’obbligo di arrestare immediatamente la marcia, non appena siano in grado di percepire la suddetta segnalazione di emergenza. In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha confermato la sentenza impugnata, che, pur avendo accertato una violazione del suddetto dovere generale di prudenza a carico del conducente di un veicolo dei vigili del fuoco, aveva attribuito in via presuntiva, ex art. 2054 c.c., comma 2, una responsabilità paritaria al conducente del veicolo privato venuto a collisione col mezzo pubblico, per non avere provato di essersi tempestivamente arrestato alla prima percezione del suono del dispositivo acustico.

Corte di Cassazione, sentenza n. 13037 del 10.06.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il verbale di violazione del codice della strada è valido anche se non vi è la precisa indicazione del luogo ove è avvenuta l’infrazione.

Corte di Cassazione, ordinanza n. 11632 del 26.05.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che è legittima la sanzione per chi guida senza casco anche se la contestazione è avvenuta dopo l’infrazione.

Corte di Cassazione, sentenza n. 4967 del 31.01.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che risponde del reato di guida in stato di ebbrezza anche il conducente che abbia assunto farmaci essendo a conoscenza della loro idoneità ad aumentare il livello di alcool nel sangue.

Corte di Cassazione, sentenza n. 195 del 10.02.2014

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame ha precisato che il ritiro immediato di una copia del verbale da parte del trasgressore equivale a notifica dello stesso, a nulla rilevando, in detto contesto, che chi ritira l’atto rifiuti di sottoscriverlo.

Corte di Cassazione, sentenza n. 24718 del 4.11.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che se a seguito di un sinistro stradale il valore della riparazione supera quello del veicolo, non spetta il risarcimento in forma specifica bensì quello per equivalente.
La Corte precisa che ai sensi dell’articolo 2058, secondo comma, del codice civile, “il giudice, allorché sia richiesto il risarcimento in forma specifica può disporre che il risarcimento avvenga solo per equivalente, se la reintegrazione in forma specifica risulta eccessivamente onerosa per il debitore”.
E ciò avviene quando “il sacrificio economico necessario per il risarcimento in forma specifica, in qualsiasi dei modi prospettabili (incluse, quindi, le riparazioni effettuate direttamente dal danneggiante o la corresponsione delle somme al danneggiato per effettuare dette riparazioni), superi in misura appunto eccessiva, date le circostanze del caso, il valore da corrispondere in base al risarcimento per equivalente”.
“Ne consegue – prosegue la sentenza – che in caso di notevole differenza tra il valore commerciale del veicolo incidentato ed il costo richiesto dalle riparazioni necessarie, il giudice potrà, in luogo di quest’ultimo, condannare il danneggiante (ed in caso di azione diretta ex art. 18 legge n.990/69, l’assicuratore), al risarcimento del danno per equivalente”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 23624 del 17.10.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che non versa l’imposta di bollo l’auto che ha un interesse collezionistico o storico sulla scorta di quanto previsto dall’Asi (Automotoclub Storico Italiano).
Secondo la Suprema corte “l’esenzione dalla tassa di possesso automobilistica prevista dall’art. 63, comma 2, della legge 21 novembre 2000, n. 342, in favore dei veicoli ritenuti di particolare interesse storico e collezionistico, dipende dall’accertamento costitutivo dell’ASI, delegata all’adempimento di tale compito dall’art. 47 del Dpr 28 dicembre 2000, n. 445, che non ha effetto ‘ad rem’, è limitato ad un elenco analitico di modelli e marche, ed ha portata generale e astratta, riferita, cioè, a categorie complessive di veicoli. (Nella specie, immatricolati da oltre vent’anni con determinate caratteristiche tecniche)”.
“Ne consegue che la contestazione circa l’insussistenza dei requisiti legittimanti l’esenzione deve essere oggetto di un apposito avviso di accertamento e non può, invece, costituire il presupposto implicito di una procedura di riscossione, sul mero presupposto del non avvenuto adempimento dell’imposta integrale”.