Il TAR del Lazio con la pronuncia n. 1191/2020 ha stabilito che i medici di base non possono essere gravati anche dell’ulteriore compito di assistere a domicilio coloro che hanno contratto il COVID19.
Più nel dettaglio, con la sentenza in esame i giudici amministrativi hanno accolto le doglianze del Sindacato dei Medici Italiani, affermando che l’affidamento a questi del compito di assistenza domiciliare ai malati Covid non è coerente con la normativa emergenziale.
Secondo le disposizione, infatti, contenute nel decreto legge 14/2020, recante “Disposizioni urgenti per il potenziamento del Servizio sanitario nazionale in relazione all’emergenza Covid-19”, al fine di consentire al medico di medicina generale o al pediatra di libera scelta o al medico di continuità assistenziale di garantire l’attività assistenziale ordinaria, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano istituiscono, entro dieci giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, presso una sede di continuità assistenziale già esistente una unità speciale ogni 50mila abitanti per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero.
Dunque, si legge nella sentenza, “nel prevedere che le Regioni ‘istituiscono’ una unità speciale ‘per la gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid-19 che non necessitano di ricovero ospedaliero’, la citata disposizione rende illegittima l’attribuzione di tale compito ai MMG (medici di medicina generale), che invece dovrebbero occuparsi soltanto dell’assistenza domiciliare ordinaria (non Covid).
Sulla base di tali argomentazioni il Tar ha accolto le ragioni dei ricorrenti. Il legislatore, infatti – prosegue il GA – ha inteso prevedere che i MMG potessero proseguire nell’attività assistenziale ordinaria, senza doversi occupare dell’assistenza domiciliare dei pazienti Covid. Tale previsione, aggiunge ancora il Tar, “è stata replicata in modo identico” in un articolo del decreto ‘Cura Italia’, nel quale “è specificato pure che ‘il medico di medicina generale o il pediatra di libera scelta o il medico di continuità assistenziale comunicano all’unità speciale, a seguito del triage telefonico, il nominativo e l’indirizzo dei pazienti’”.
Le statuizione del Tar Lazio non hanno trovato, invece, condivisione nella Regione Lazio, la quale ha già manifestato l’intenzione di appellare la sentenza dinnanzi al consiglio di Stato.