I test sierologici sul posto di lavoro

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Tra le questioni oggetto di dibattito in ordine alle concrete modalità attuative di riapertura in sicurezza delle attività lavorative rientrano i test sierologici sul posto di lavoro.

I test sierologici permettono di individuare la presenza di anticorpi al virus SARS CoV-2 nel sangue. Questi tuttavia non permettono di accertare una attuale condizione di infezione attiva, bensì la sussistenza di una (anche pregressa) risposta immunitaria al Covid 19.

Ci si è chiesti pertanto se il datore di lavoro potesse decidere di inserire tale rilevazione nelle misure obbligatorie da adottare nell’azienda in seguito all’implementazione dei protocolli anti contagio che lo stesso è chiamato ad espletare ai sensi dell’art. art. 1, n. 7, lett. d) del DPCM 11 marzo 2020

Al fine di segnare la linea operativa per l’applicazione effettiva delle diverse fonti normative che fosse conforme anche alla normativa sulla protezione dei dati personali è intervenuto il Garante della protezione dei dati personali integrando le “FAQ su Trattamento dei dati nel contesto lavorativo pubblico e privato nell’ambito dell’emergenza sanitaria“, i quali hanno rimandato la decisione in ordine all’opportunità di procedere a test di questo tipo al medico competente o all’autorità sanitaria.

Solo il medico competente, infatti,  – a dire del Garante – in quanto professionista sanitario, tenuto conto del rischio generico derivante dal Covid-19 e delle specifiche condizioni di salute dei lavoratori sottoposti a sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici e suggerire così l’adozione di mezzi diagnostici ritenuti utili al fine del contenimento della diffusione del virus e della salute dei lavoratori.

Tale chiarimento si pone, peraltro, in linea con quanto disposto dall’art. 9 par. 2 lett.h) del GDPR che rende legittimo il trattamento dei dati particolari dei lavoratori se “il trattamento è necessario per finalità di medicina preventiva o di medicina del lavoro, valutazione della capacità lavorativa del dipendente, diagnosi, assistenza o terapia sanitaria o sociale ovvero gestione dei sistemi e servizi sanitari o sociali sulla base del diritto dell’Unione o degli Stati membri”, a condizione che tali dati “siano trattati da o sotto la responsabilità di un professionista soggetto al segreto professionale conformemente al diritto dell’Unione o degli Stati membri” (art. 9 co. 3 GDPR).

Alla luce di tali considerazione, pertanto, se da un lato sussiste un obbligo di collaborazione tra datore di lavoro e medico del lavoro circa la predisposizione della attuazione delle misure per la tutela della salute e della integrità psico-fisica dei lavoratori; dall’altro emerge, invece, la specificità dei ruoli in ordine alla valutazione dei rischi da agenti biologici e la predisposizione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di cui all’art. 272 T.U. sulla salute e sicurezza sul lavoro, ivi compresa della scelta circa l’opportunità e la necessità di condurre sui lavoratori i test sierologici.