Fingersi un’altra persona per conquistare una donna è reato

Il reato di sostituzione di persona (ex art. 494 cod. pen.) si configura non solo quando qualcuno falsa le proprie generalità, ma anche quando si attribuisce qualità che non gli appartengono. E se questo artificio è diretto a consumare un rapporto, allora si tratta del reato di violenza sessuale (ex art. 609-bis cod. pen.): è quanto chiarito dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 55481 del 2017.

La fattispecie riguarda il caso di un dipendente di azienda che ha indotto una neo assunta a trascorrere insieme la notte, millantando la possibilità di rapidi scatti di carriera. In realtà l’uomo non aveva alcun potere in tal senso e la donna, per quanto consapevole di aver acconsentito alle avances, decide di denunciarlo. L’uomo si difende sostenendo la corresponsabilità della donna: la vicenda dimostra inequivocabilmente come lei abbia, in piena consapevolezza, consumato un rapporto sessuale solo per ottenere rapidi successi lavorativi.

Si tratta di un atteggiamento, come stabilito dalla Corte, che configura il reato di violenza sessuale, infatti il codice penale ritiene integrati gli estremi dello stesso anche quando si inganna la vittima circa la propria identità. A tutto ciò si aggiunge che il delitto si profila non solo quando si faccia credere di essere una persona diversa, ma anche quando si addossano caratteristiche o poteri che non si possiede. Difatti, il consenso al rapporto sessuale non deve coprire solo l’atto in sé ma anche l’identità della persona con il quale avviene. Pertanto se si tratta di altra persona, la quale per di più non ha i requisiti che la stessa ha indotto a credere, non risulta prestato alcun consenso. Di conseguenza, scatta la violenza sessuale.