L’extracomunitario rischia una condanna se esce senza permesso di soggiorno

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Consiglio di Stato, sentenza n. 3680 del 14.07.2014

Il Consiglio di Stato con la sentenza in esame ha precisato che ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno i legami familiari rilevanti, non si riferiscono solo ai familiari conviventi.

Corte di Cassazione, sentenza n. 5303 del 06.03.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il rinnovo del titolo di soggiorno per motivi familiari in favore del cittadino extracomunitario coniuge di cittadino italiano è disciplinato dal D.Lgs. n. 30 del 2007, che non prevede il requisito della convivenza tra il cittadino italiano ed il richiedente, salve le conseguenze dell’accertamento di un matrimonio fittizio o di convenienza ai sensi dell’art. 35 della direttiva n. 2004/38/CE e dell’art. 30, comma 1-bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998, né il requisito del pregresso regolare soggiorno del richiedente e, nel caso di sopravvenuto decesso del coniuge cittadino italiano, è subordinato alla sussistenza dei requisiti di cui all’art. 11, comma 2, del D.Lgs. n. 30 del 2007.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10460 del 6.5.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’immigrato anche se titolare del solo permesso di soggiorno ha diritto all’assegno sociale se prova di avere stabile residenza in Italia.

Corte di Cassazione, sentenza n. 6694 del 03.05.2012

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la convivenza dell’immigrato con un nipote, minore di età, cittadino italiano fa scattare il divieto di espulsione.
La Corte ha respinto il ricorso del Ministero dell’Interno nei confronti di un extracomunitario che era andato a convivere con il nipote di quattro anni, di cittadinanza italiana, e il cui padre aveva confermato “l’adesione al progetto di convivenza”.
Secondo i giudici di legittimità il divieto di espulsione si doveva considerare operante in considerazione del fatto che il rapporto di convivenza era stato manifestato sia dal minore che dai genitori dello stesso. In particolare il collegio ha affermato che la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo introduce l’obbligo di tener conto delle opinioni del minore in ogni procedura giudiziaria o amministrativa che lo riguardi purché si tratti di “fanciullo capace di discernimento”, prevedendo che possa essere ascoltato non solo direttamente, ma anche tramite un rappresentante. Nel caso in esame, ha concluso la Cassazione, il parente di nazionalità italiana dello straniero espulso aveva quattro anni ma la volontà di mantenere la convivenza era stata espressa anche dal padre, con la conseguenza che ciò è sufficiente a bloccare l’espulsione

Corte di Cassazione, sentenza n. 5856 del 11.03.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che i figli minori che frequentano la scuola non salvano il cittadino comunitario dell’espulsione. La Cassazione,esclude che il diritto dei bambini a ultimare gli studi nel territorio dove vivono e dove li hanno iniziati rientri tra le situazioni particolari in grado di bloccare un provvedimento di espulsione. Il parere negativo al permesso di restare in Italia, partito dalla Corte d’Appello di Milano, nei confronti di un cittadino albanese è stato confermato dalla Corte di Cassazione. La richiesta di restare nel territorio era stata inoltrata sulla base del diritto a “un sano sviluppo psico-fisico” dei due figli avuti da una signora in possesso di regolare permesso di soggiorno e in attesa di ottenere la cittadinanza italiana. Secondo il ricorrente il suo allontanamento avrebbe avuto un contraccolpo negativo sull’equilibrio dei bambini. La Suprema corte precisa però che i “gravi motivi connessi con lo sviluppo psico-fisico del minore” devono essere determinati da situazioni di emergenza e non possono invece derivare da circostanze di “tendenziale stabilità come la frequenza della scuola da parte dei minori e il processo educativo formativo che rientrano nell’essenziale normalità e non fanno dunque scattare la tutela prevista dall’articolo 31 del Testo unico sull’immigrazione.

Corte di Cassazione, sentenza n. 601 del 11.01.2010

La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che l’extracomunitario che non è in grado di esibire un documento di riconoscimento o il permesso di soggiorno rischia una condanna penale. A nulla vale il fatto di riferire le giuste generalità al personale di polizia e di essere in possesso dei documenti richiesti. Secondo la Corte il non aver portato con sé i documenti identificativi e di soggiorno, sostengono i giudici, aveva di fatto impedito al personale della Questura un rapido riconoscimento e aveva impegnato gli agenti nella verifica dei dati che il cittadino marocchino aveva riferito. Il reato di cui al III comma dell’articolo 6 del Dlg 286/1998 (mancata esibizione, senza giusitificato motivo, a richiesta ad ufficiali ed agenti di p.s. del passaporto o di altro documento di identificazione) è integrato per il solo fatto di aver circolato per la città di Bolzano senza avere con sé il documento.