La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 10524/2020, depositata il 3 giugno scorso, ha avuto modo di pronunciarsi su un tema di particolare interesse nell’ambito processualcivilistico, ossia quello della condanna alle spese per lite temeraria, in favore della controparte.
Più nello specifico, gli Ermellini si sono pronunciati confermando l’ormai consolidato orientamento che riconosce natura sanzionatoria allo strumento introdotto dalla l. n. 69/2009 all’art. 96, comma 3 c.p.c., specificando che: “la novella del 2009, nell’estendere a tutti i gradi di giudizio lo strumento deflattivo delineato dall’abrogato art. 385 c.p.c., comma 4, per la sola fase di legittimità, non presenta connotati di irragionevolezza, ma riflette una delle possibili scelte del legislatore, non costituzionalmente vincolato nella sua discrezionalità, nell’individuare il beneficiario di una misura che sanziona un comportamento processuale abusivo e che funga da deterrente al ripetersi di una siffatta condotta”.
Pertanto, alla luce di siffatto orientamento, sembrerebbe potersi concludere che la previsione de qua non abbia carattere risarcitorio dell’eventuale controparte che subisce la lite temeraria. Lo scopo della riforma del 2009, invece, è stato quello di trasporre in sede nazionale l’istituto statunitense dei “punitive damages”: uno strumento sanzionatorio di comportamenti che abbiano soltanto finalità dilatorie dei termini, in una logica di deflazione del contenzioso.
(Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, Ordinanza n. 10524/2020, depositata il 03.06.2020)