La sindrome ansioso-depressiva non esclude l’imputabilità

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Corte di Cassazione, sentenza n. 15394 del 13.07.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che gli organizzatori di un torneo di calcio rispondono penalmente e civilmente dei danni alla salute dei partecipanti se prima della partecipazione non li hanno sottoposti alle necessarie visite mediche per una attività agonistica.
Con questa motivazione,la Corte ha condannato l’Acsi (Associazione centri sportivi italiani) a risarcire la moglie di un calciatore dilettante di trenta anni, morto negli spogliatoi per infarto dopo aver accusato un malore durante un girone di un torneo di calcio.
Il responsabile locale dell’Acsi e il presidente della squadra erano già stati condannati in sede penale per omicidio colposo per aver ammesso la partecipazione al torneo del calciatore senza la preventiva visita medica (con elettrocardiogramma sotto sforzo), che avrebbe rivelato la grave patologia di cui soffriva la vittima, così precludendogli la partecipazione al torneo e dunque il decesso. In sede civile, però, la direzione nazionale dell’associazione riteneva di non dover pagare in quanto la sede territoriale godeva di una propria autonomia e dunque le eventuali mancanze dovevano esserle direttamente imputate.
Di diverso avviso la Cassazione, secondo cui in assenza di un patrimonio di riferimento l’indipendenza amministrativa e finanziaria deve essere interpretata restrittivamente. Del resto, proseguono i giudici, l’ambiguità dello statuto non può ricadere sui terzi, il cui legittimo affidamento va tutelato.
Dunque la responsabilità dell’Acsi risiede nel non aver predisposto un regolamento del torneo che prevedeva l’obbligo della visita medica e comunque nel non aver sottoposto ai relativi controlli la vittima, senza neppure aver chiesto la produzione di una adeguata certificazione medica.
Secondo la Corte, infatti, <>.
E con riguardo al carattere agonistico specificano che <>.

Corte di Cassazione, sentenza n. 27015 del 11.07.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che ai fini della non imputabilità del reo va provato un vizio nella capacità di intendere e di volere. Mentre non è sufficiente un semplice stato di “inquietudine” anche se attestato da certificati medici. Secondo i giudici della Corte, infatti, “la sindrome ansioso depressiva non è causa di esclusione dell’imputabilità, dovendo escludersi si tratti di una infermità in grado di incidere sulla capacità di intendere e di volere”. Del resto, le allegazioni presentate dalla difesa “non dimostrano affatto che il ricorrente non fosse capace di intendere e di volere, ma solo che lo stesso fosse nervoso ed inquieto, il che è bel altra cosa”.