Individuazione fotografica e valenza probatoria

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Il caso

La Corte d’Appello di Venezia confermando la sentenza del Tribunale di Padova condannava alla pena di giustizia un uomo che si era reso responsabile di concorso in tentato furto.

L’imputato infatti, dopo aver infranto un vetro di una finestra di una casa con l’intento di intromettervisi illecitamente , al fine di trarne profitto aveva posto in essere “atti idonei e diretti in modo non equivoco ad impossessarsi di quanto di valore” presente nell’abitazione. 

La Corte territoriale ha ritenuto attendibile la ricognizione fotografica effettuata dopo soli quattro giorni dal reato dal proprietario della casa che fa da scenario a questa vicenda.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso presso la Suprema Corte l’imputato deducendo tra gli altri motivi vizio di motivazione. 

Il ricorso è manifestamente infondato. 

I Giudici ricordano che “l’individuazione fotografica rappresenta una manifestazione riproduttiva di una percezione visiva e, come tale, costituisce una specie del più generale concetto di dichiarazione, sicché la sua forza probatoria non discende dalle modalità formali del riconoscimento bensì dal valore della dichiarazione confermativa, alla stessa stregua della deposizione testimoniale”. 

L’individuazione, come prova atipica, quindi “ben può essere valorizzata dal giudice, nell’ambito del suo libero convincimento, ai fini della dimostrazione dei fatti, ove sia accertata la credibilità della persona che, in sede di individuazione, si sia detta certa dell’identificazione operata”.

La Suprema Corte ritiene che la la Corte di Appello abbia già puntualmente esposto i criteri di valutazione adottati e la loro pregnanza, con motivazione esente da vizi logici.

Con la sentenza n. 37537/21 del 15 ottobre la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di 3000 euro in favore della Cassa delle ammende.