L’obbligo di mantenimento persiste anche in caso di nuova collocazione del figlio

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L’obbligo di corresponsione del contributo al mantenimento del figlio persiste anche in caso di successiva collocazione del minore presso il coniuge obbligato. Con la sentenza n. 17689 del 2019, la Corte di Cassazione chiarisce infatti che l’eventuale modifica del regime di collocazione della prole non ha effetto sull’obbligo del mantenimento.

Il caso di specie riguardava un padre a carico del quale, in sede di divorzio, era stato posto l’obbligo di corrispondere alla ex coniuge un contributo mensile per il mantenimento del figlio, collocato presso la madre. Con successiva pronuncia il Tribunale per i Minorenni disponeva l’affidamento del figlio al Comune e la sua collocazione presso il padre, che pertanto cessava di corrispondere alla ex moglie il contributo per il minore. La madre procedeva quindi al pagamento degli arretrati, mentre il padre resisteva con opposizione a precetto.

Nelle more dell’opposizione, il Tribunale per i Minorenni sospendeva entrambi i genitori dall’esercizio della responsabilità genitoriale, anche in ragione della persistente inottemperanza del padre a versare alla ex moglie il contributo di mantenimento in favore del figlio.

L’opposizione a precetto veniva respinta dal Tribunale di Treviso, che rilevava come la successiva collocazione del minore presso il padre non togliesse né efficacia né validità alla sentenza di divorzio. All’esito dell’impugnazione proposta dal padre anche la Corte d’Appello di Venezia confermava la pronuncia di primo grado. 

Il padre proponeva quindi ricorso per Cassazione, invocando l’intervenuta modifica della sentenza di divorzio ad opera dei provvedimenti pronunciati dal Tribunale per i Minorenni. Ebbene, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che i provvedimenti emessi dal Tribunale per i Minorenni non sono espressamente intervenuti sulle conseguenze economiche della modifica del regime di collocazione del figlio. Ne deriva che l’opposizione a precetto relativa a crediti maturati per il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento in favore del figlio, può riguardare soltanto questioni relative alla validità ed efficacia del titolo e non anche fatti sopravvenuti.

Tale conclusione – osserva la Corte – si pone pienamente in linea con il principio per cui nel processo esecutivo sono irrilevanti sia i fatti preesistenti rispetto al momento in cui il titolo esecutivo diviene definitivo, sia tutti quei fatti che è possibile far valere in altro modo, impedendo al titolo di acquisire stabilità.

In particolare, nei procedimenti in materia di famiglia il titolo, pur dotato di una stabilità equiparabile a quella del giudicato, viene non a caso definito rebus sic stantibus, a sottolineare i mutamenti di cui può risentire a fronte della possibile evoluzione dei rapporti interpersonali ad esso sottesi (in tal senso si veda Cass. ord. 30.07.2015 n. 16173).

La Corte ha rigettato pertanto il ricorso stabilendo che “la successiva modifica, ad opera del tribunale per i minorenni, del solo regime di collocazione del figlio non ha effetto automatico sulla precedente statuizione di un contributo periodico per il mantenimento del figlio, adottata dal tribunale della separazione o del divorzio”.