Licenziato direttore di un supermercato

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Il caso

Il direttore di un supermercato di Roma è stato licenziato “per aver contravvenuto ai suoi doveri di responsabile di mercato”.

Dopo attenti controlli diversi reparti del punto vendita presentavano infatti “molteplici carenze nell’offerta commerciale dei prodotti”.

La Corte d’Appello di Roma, diversamente dal Tribunale di Roma, non censurava il provvedimento disciplinare ai danni dell’uomo e ne riconosceva invece la legittimità.

In seconde cure vengono ritenuti concreti “gli addebiti mossi con riguardo alle condotte inadempienti registrate con riguardo alla gestione dei reparti ortofrutta, scatolame, scatolame-no food, macelleria”.

Considerato il ruolo di responsabile di mercato rivestito dall’uomo, i giudici della Corte ritengono il comportamento tenuto dal direttore sufficiente ad integrare gli estremi della giusta causa.

Avverso tale sentenza l’uomo propone ricorso per cassazione “deducendo da un lato l’erroneità del convincimento espresso dalla Corte territoriale circa la specificità della relativa contestazione ed all’ammissibilità del rilievo relativo alla pericolosità della merce non richiamato nella contestazione ed imputando alla Corte medesima di aver posto a fondamento della propria decisione fatti non emersi in sede istruttoria e neppure allegati dalle parti, come il superamento della data di scadenza dei prodotti considerati”. 

Intento del ricorrente: il ridimensionamento degli addebiti mossi a suo carico. 

La Corte di Cassazione ritiene infondate le obiezioni proposte dal difensore dell’uomo. 

Prove documentali e dichiarazioni testimoniali hanno certificato “un diffuso e reiterato inadempimento, da parte del lavoratore, degli obblighi che, ai sensi della disciplina collettiva applicabile, a lui incombevano quale responsabile del ‘punto vendita’”.

Secondo i Giudici tale inadempimento è sufficiente a “pregiudicare il vincolo fiduciario particolarmente intenso” che permea il ruolo di responsabile del supermercato. 

Con la sentenza n. 5538/21 del 1 marzo la Suprema Corte rigetta il ricorso legittimando il licenziamento disciplinare del lavoratore.