Inadempimento del contratto preliminare: danno ridotto se l’acquirente ha versato solo un acconto

Corte di Cassazione, sentenza n. 3341 del 19.02.2015

La banca è responsabile per le perdite subite dagli investitori, se gli intermediari autorizzati non informano prontamente questi ultimi, appena le operazioni da essi condotte generino perdite superiori al 50% della provvista.
E’ quanto disposto dalla Corte di Cassazione con la pronuncia in esame, in rigetto del ricorso presentato da un Istituto di credito.
La vicenda da cui origina la presente pronuncia riguarda un impiegato – dipendente della medesima banca autorizzante le operazioni – che aveva condotto, anche per conto di parenti cointestatari dei conti correnti, delle operazioni di investimento piuttosto frequenti ed altamente rischiose, da cui erano derivate ingenti perdite.
I parenti dell’investitore – a cui la banca aveva revocato sia l’apertura di credito che la convenzione di assegno per effetto di dette perdite – avevano convenuto il medesimo istituto di credito per l’accertamento negativo dei debiti, in quanto ritenuto responsabile per aver consentito, da parte del cointestatario delegato, una cattiva gestione dei conti correnti mediante operazioni altamente rischiose.
In proposito la Cassazione, nel sancire la responsabilità della banca, ha rilevato come in tema di negoziazione di prodotti derivati, gli intermediari autorizzati siano tenuti ad informare tempestivamente l’investitore, appena le operazioni da lui disposte per finalità diverse da quelle di copertura, abbiano generato una perdita effettiva o potenziale superiore al 50% del valore dei mezzi costituiti a titolo di provvista.
E tale adempimento non è assolto con la sola comunicazione periodica dell’esito delle operazioni.
Pertanto, in base a quanto prescritto dai Regolamenti Consob, nel caso in esame gli intermediatori finanziari avrebbero dovuto astenersi dal procedere, ritenendo gli investimenti inadeguati, per frequenza e dimensione, per un soggetto che, essendo un semplice impiegato della banca, non poteva ragionevolmente possedere né alcuna competenza borsistica né sufficienti capitali da sostenere la perdurante crisi dei mercati.

Corte di Cassazione, sentenza n. 17688 del 17.08.2010

Chi si è contrattualmente impegnato – mediante contratto preliminare – ad una vendita e si è poi reso inadempiente, è tenuto al risarcimento del danno in favore dell’altra parte. Tuttavia, come ha chiarito la Corte di Cassazione – “nell’assetto degli equilibri economici turbati dall’inadempimento” non si può trarre sullo stesso piano la situazione di chi ha solo versato un acconto rispetto a chi ha già versato l’intero prezzo della compravendita. “Non vi è quivalenza – scrive la Corte – tra la situazione di colui che ha conservato in tutto o in parte la disponibilità del prezzo pattuito rispetto a colui che invece ha interamente versato tale prezzo”. Per tale ragione nella liquidazione del danno si dovrà tenere conto “oltre che del mancato incremento patrimoniale” di chi doveva acquistare “anche della utilizzazione che questi abbia fatto del prezzo non versato al venditore, facendo riferimento, in difetto di prova di un diverso impiego, a criteri presuntivi, quali tra tanti i correnti interessi bancari, ovvero al vantaggio economico derivante dalla mancata assunzione di mutui con i relativi oneri, rimessi al prudente apprezzamento del giudice di merito”. Come si legge nella sentenza (n.17688/2010) “il risarcimento del danno dovuto al promissario acquirente per la mancata stipulazione del contratto definitivo di vendita di un bene immobile, imputabile al promittente venditore, consiste nella differenza tra il valore commerciale del bene medesimo ed il prezzo pattuito, differenza che nella specie va calcolata: 1) con riferimento al momento della proposizione della domanda da parte degli attori nel corso del giudizio di primo grado volta ad ottenere il controvalore del detto bene; 2) tenendo conto della rivalutazione allo stesso momento dell’importo previsto in contratto per il prezzo e non pagato”.