La sentenza di nullità del matrimonio ecclesiastico non può essere pronunciata nonostante lui, dopo le nozze, abbia scoperto di essere gay. Lo ha sancito la Corte di cassazione con l’ordinanza n. 11808 del 15.05.2018, attraverso la quale ha respinto il ricorso di una donna che chiedeva la nullità del matrimonio durato quattordici anni e naufragato a causa dell’outing del marito.
Vivere insieme a lungo – ha spiegato il Collegio di legittimità – costituisce infatti una ragione ostativa alla delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità del matrimonio concordatario. La convivenza prolungata dai coniugi (che si protrae per almeno tre anni dalla celebrazione delle nozze) integra una situazione giuridica di “ordine pubblico italiano”, la cui inderogabile tutela trova fondamento nei principi supremi di sovranità e di laicità dello Stato, preclusivi del riconoscimento di qualsiasi efficacia della sentenza di nullità pronunciata dal tribunale ecclesiastico.
Ha quindi operato correttamente la Corte d’Appello, la quale ha respinto l’istanza di delibazione della nullità delle nozze dal momento che, al di là dell’omosessualità manifestata dopo la nascita della figlia, la lunga convivenza rappresenta il parametro di maggiore rilevanza.