Maestro d’infanzia accusato di maltrattamenti

Il caso

La Corte di Appello di Milano, in riforma della sentenza di condanna per il reato di cui all’art. 572 c.p., pronunciata dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano, assolveva un maestro d’infanzia che si era reso responsabile di una serie di aggressioni fisiche e vessazioni morali nei confronti dei suoi alunni “in tenerissima età”.

I giudici di secondo grado dichiaravano non doversi procedere giacché l’azione non poteva essere iniziata per difetto di querela.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per Cassazione il Procuratore Generale della Corte d’Appello di Milano, lamentando tra i vari motivi la riqualificazione del reato da maltrattamenti in percosse, anche se continue, e dell’inattendibilità delle fonti dichiarative d’accusa.

La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato.

Secondo i Giudici la Corte d’Appello di Milano avrebbe erroneamente dedotto l’insussistenza della abitualità della condotta rapportando quantitativamente e non qualitativamente i 20 minuti di registrazioni di gesti offensivi e umilianti nei confronti dei bambini alle 100 ore di videoriprese totali: le registrazioni audiovisive documenterebbero “gesti di intollerabile violenza e gratuite vessazioni psicologiche che si reiteravano nella classe del maestro, se non quotidianamente, con cadenza costante”.

La Corte di Cassazione ha già precisato che per la configurazione del reato di maltrattamento non è necessario che atti, delittuosi o meno, vengano posti in essere per un tempo prolungato: è sufficiente infatti la loro ripetizione, “anche se in un limitato contesto temporale, e non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante lo stesso siano riscontrabili nella condotta dell’agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo (con riferimento ad una fattispecie in cui la condotta contestata, consistita nell’ingiuriare, minacciare ed aggredire fisicamente la vittima, tenendo, altresì, atteggiamenti palesemente denigratori nei suoi confronti era stata attuata nel corso di tre mesi di convivenza frammezzata da periodi di quiete)”.

Riguardo all’inattendibilità dei testimoni la Suprema Corte non concorda con la decisione della Corte d’Appello di parcellizzare i dati probatori e di dare rilevanza alle argomentazioni spese dai testimoni a discarico nel chiaro tentativo di sminuire la gravità delle azioni violente del maestro.

Con la sentenza n. 24462/21 del 22 giugno la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d’Appello di Milano, “alla quale demanda il regolamento delle spese tra le parti di questo giudizio”.