Il caso
Due fratelli resisi responsabili per il reato di rapina ai danni di un supermercato venivano condannati in prime e seconde cure a tre anni e quattro mesi di reclusione e al pagamento di 1000 euro di multa.
Avverso tale sentenza ricorre per cassazione uno degli imputati deducendo violazione di legge e vizio di motivazione.
In particolare il ricorrente lamentava un’erronea applicazione della legge penale visto il ruolo marginale di “palo” da lui ricoperto nello svolgimento della rapina, ruolo non equiparabile a quello del fratello-complice.
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Concordando con la decisione dei giudici di merito la Suprema Corte ritiene il fatto grave e che “il ruolo di palo assunto dal ricorrente non poteva essere ritenuto minimale perché egli aveva agito in pieno concorso con il fratello, essendosi travisato in volto e fuggendo con lui ed il bottino, dimostrando pari intensità di dolo e mettendo in essere, nello specifico, una condotta rafforzativa non secondaria”.
Corretta l’applicazione di identico trattamento sanzionatorio per entrambi i fratelli.
I Giudici di terzo grado ricordano che l’opera del “palo” non ha importanza minima “nella esecuzione del reato poiché tale funzione facilita la realizzazione dell’attività criminosa e rafforza l’efficienza dell’opera dei correi, garantendo l’impunità di costoro”.
Con la sentenza n. 25900/21 del 7 luglio la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.