Il caso
Un uomo veniva condannato ad un anno di reclusione e al pagamento di 600 euro di multa.
Il Tribunale di Palermo e la Corte d’Appello di Palermo concordavano nel ritenere l’imputato responsabile per il reato di furto in abitazione, aggravato dalla violenza sulle cose.
L’uomo proponeva ricorso per cassazione per mezzo del suo legale di fiducia lamentando una violazione di legge.
L’affermazione della sua responsabilità è a suo dire “basata su un accertamento tecnico non ripetibile, il rilievo delle impronte papillari con l’uso di sostanze chimiche, senza aver dato luogo ad attivazione delle regole per il necessario contraddittorio con l’imputato previste dalla disposizione suddetta (avvisi, nomina di consulenti, diritto di assistere all’incarico affidato al perito) e senza garanzie, dunque, per il diritto di difesa”.
In particolare il ricorrente evidenzia “l’esistenza di un orientamento di legittimità che ritiene tali rilievi non appartengano alla categoria dell’accertamento irripetibile ma configurino meri rilievi tecnici”.
I Giudici di terzo grado ritengono il ricorso inammissibile in quanto manifestamente infondato e ricordano che la giurisprudenza di legittimità ha tenuto ”un atteggiamento interpretativo costante sul tema della natura delle attività di individuazione e rilevamento delle impronte dattiloscopico-papillari, ritenute operazioni urgenti non ripetibili di natura meramente materiale, per tale motivo ricomprese nella disciplina di cui all’art. 354 c.p.p., comma 2, e non in quella concernente gli accertamenti tecnici non ripetibili di cui agli artt. 359 e 360 c.p.p., i quali presuppongono attività di carattere valutativo su base tecnico-scientifica ed impongono il rispetto del contraddittorio e delle correlate garanzie difensive”.
La Suprema Corte afferma che “l’attività di esaltazione delle impronte digitali, mediante tecniche anche complesse che utilizzano diverse metodologie e prodotti chimici per la loro individuazione e la successiva evidenziazione e fissazione, costituisce una fase prodromica all’accertamento tecnico-comparativo e rientrante nelle operazioni di prelievo e messa in sicurezza del reperto, sicché non è assoggettata alla disciplina prevista per gli accertamenti non ripetibili”.
Nella vicenda di specie il ricorrente “non ha dedotto un profilo di irripetibilità dell’esame comparativo delle impronte e, dunque, dell’accertamento tecnico garantito dalla disciplina codicistica, bensì soltanto della fase finale del prelievo e dell’isolamento dell’impronta, costituita dalla sua esaltazione”.
Con la sentenza n. 15623/21 del 26 aprile la Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.