Avviso orale della facoltà di farsi assistere da un legale: è valido?

Il caso

La Corte d’Appello di Brescia riformava la pronuncia assolutoria emessa dal Tribunale di Mantova e riteneva responsabile un uomo per il reato di guida in stato di ebbrezza.

L’imputato, condannato alla pena di un anno di arresto e al pagamento di 5500 euro di multa, proponeva ricorso per cassazione lamentandosi del fatto che “la Corte territoriale, riformando la sentenza assolutoria del Tribunale, abbia ritenuto utilizzabile l’accertamento mediante prelievo ematico attribuendo validità alla prova testimoniale dell’avvenuto avviso in forma orale”, avviso non consacrato in alcun atto d’indagine.

Secondo il legale dell’uomo l’esito del prelievo ematico effettuato a seguito del sinistro stradale è inutilizzabile per la mancanza dell’avviso della facoltà di farsi assistere da un difensore. 

La Suprema Corte ricorda che “in tema di valutazione della prova testimoniale, non essendo necessari elementi di riscontro esterni, il giudice deve limitarsi a verificare l’intrinseca attendibilità della testimonianza – avuto riguardo alla logicità, coerenza ed analiticità della deposizione nonché all’assenza di contraddizioni con altre deposizioni testimoniali o con elementi accertati con i caratteri della certezza sulla base della presunzione che, fino a prova contraria, il teste, ove sia in posizione di terzietà rispetto alle parti, riferisce di solito fatti obiettivamente veri (principio di affidabilità) e mente solo in presenza di un sufficiente interesse a farlo (principio di normalità), specialmente nel caso in cui dalla veridicità del dichiarato possano scaturire conseguenze pregiudizievoli per sé o per altri (principio di responsabilità)”. 

Per i Giudici di terzo grado nella vicenda di specie la censura proposta nel ricorso per vizio di motivazione è condivisibile alla luce del seguente principio interpretativo: “la prova dell’avviso di cui all’art. 114 disp. att. c.p.p. non deve essere offerta esclusivamente in base al contenuto del verbale di cui all’art. 357 c.p.p., in cui, secondo quanto stabilito dall’art. 115 disp. att. c.p.p., l’annotazione di tale adempimento non è prescritta; ove la predetta prova trovi la sua fonte in una deposizione testimoniale, il giudice di merito è tenuto a verificare l’attendibilità della testimonianza in merito a quanto dal testimone direttamente percepito nell’immediatezza dei fatti ma non verbalizzato, dando conto delle specifiche ragioni sottese alla mancata verbalizzazione dell’avviso”. 

Con la sentenza n. 18349/21 del 12 maggio la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di Appello di Brescia.