Con la sentenza 8 marzo 2019, n. 10334 la Corte di Cassazione ha ribadito l’orientamento giurisprudenziale che esclude l’uso della pec per la trasmissione delle istanze e degli atti di parte.
Nel caso di specie, sono state sottoposte all’attenzione della Corte due questioni inerenti l’uso della posta elettronica certificata: con la prima il ricorrente lamentava il mancato rinvio del processo d’appello per adesione del difensore all’astensione di categoria, comunicata a mezzo pec al protocollo generale della Corte territoriale; con la seconda lamentava il mancato riconoscimento della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, richiesta con pec in seno ai motivi aggiunti all’atto d’appello.
La Corte ha dato atto dell’esistenza di un contrasto interpretativo, il quale si compone di due contrapporsi due orientamenti di legittimità sull’uso della pec per la trasmissione di atti di parte. Un primo orientamento che, sulla scorta del dato normativo e della genesi dello strumento di comunicazione in questione, esclude in toto la possibilità per le parti private di avvalersi della posta certificata per la trasmissione degli atti di parte, riconoscendo tale possibilità solo alla cancelleria; e l’altro che invece, alla stessa stregua di quanto affermato per il fax, onera il difensore che ricorra all’istituto in questione di accertarsi, presso la cancelleria di destinazione, dell’effettiva ricezione.
La Corte di Cassazione si è espressa in linea con il ha primo indirizzo, ancorché, come dalla stessa sottolineato, nel caso di specie la reiezione del motivo era determinata dal mancato rinvenimento, negli atti, dell’istanza di rinvio, sicuramente trasmessa al protocollo generale ma verosimilmente non pervenuta alla cancelleria della Corte d’Appello competente a giudicare, che non ne dava atto né nel verbale né nella motivazione della sentenza.
Ad analoga conclusione la Corte di Cassazione è pervenuta in ordine al mancato riconoscimento della causa di non punibilità richiesta con i motivi aggiunti, avendo omesso il difensore di verificare la recezione di questa presso la cancelleria dell’organo giudicante, che non ne dava atto a verbale e in sentenza.
Sulla scorta di tali argomentazioni la Corte ha respinto il ricorso e condannato il ricorrente alle spese processuali.