L’assicurazione stipulata dall’azienda per restare indenne rispetto agli infortuni sul lavoro non copre il danno morale subito dal dipendente

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Cassazione civile sez. un. sentenza 12/03/2015 n.4949

Con riferimento al periodo precedente la riforma introdotta dal d.lg. n. 124 del 1993, i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno – a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione e, pertanto, sia nel caso in cui il fondo abbia una personalità giuridica autonoma, sia in quello in cui esso consista in una gestione separata nell’ambito dello stesso soggetto datore di lavoro – natura previdenziale e non retributiva e non sussistono pertanto i presupposti per l’inserimento dei suddetti versamenti nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro.

Corte di Cassazione, sentenza n. 8848 del 18.04.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che sono illegittime le deliberazioni delle Casse di previdenza dei professionisti che nella liquidazione della pensione non tengono conto del principio del pro rata. Lo ha stabilito la Corte di cassazione con due sentenze depositate oggi, nn. 8847 e 8848. In sostanza, la Cassa dei dottori commercialisti nel 2002 aveva stabilito con un proprio regolamento interno che il reddito di partenza per la liquidazione della pensione non fosse più calcolato come era in precedenza sulla base “dei quindici redditi annuali dichiarati dall’iscritto ai fini Irpef per gli ultimi venti anni di contribuzione”, ma, viceversa, sulla base “della media di tutti i redditi professionali annuali”. Con l’unico limite che la misura del trattamento non scendesse sotto l’80% della pensione calcolata col vecchio metodo.
Un sistema conveniente per le Casse che però non tiene conto del fatto che il Legislatore, anche nel passaggio dal metodo retributivo a quello contributivo, ha sempre cercato di evitare salti troppo repentini e penalizzanti per i pensionandi. Dunque, per i giudici di Piazza Cavour la delibera assunta in violazione della regola del pro rata, prevista dalla legge 335/1995, è illegittima. E anche la disposizione di salvaguardia delle deliberazioni in materia previdenziale adottate dagli enti contenuta nella legge di riforma, la n. 296/2006, non vale comunque a “sanare la illegittimità dei provvedimenti adottati in violazione della precedente legge vigente al momento della loro emanazione”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 20425 del 29.09.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che è ammessa la ricongiunzione dei contributi versati nella gestione lavoratori dipendenti presso la gestione commercianti. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza in oggetto che ha respinto il ricorso dell’Inps nei confronti di un lavoratore. L’uomo, assicurato per vent’anni come commerciante e per i successivi venti come dipendente, aveva presentato all’Istituto di previdenza la domanda di ricongiunzione dei contributi nella gestione commercianti. L’inps aveva respinto la domanda sostenendo che la legge avrebbe consentito solo il passaggio inverso. I giudici di merito e la Cassazione non sono stati dello stesso avviso sostenendo, al contrario, che a un’attenta analisi della normativa non si può negare la ricongiunzione nella gestione commercianti dei contributi versati come lavoratore dipendente

Corte di Cassazione, sentenza n. 12960 del 27.05.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che ai fini della determinazione del contributo previdenziale a carico delle imprese, il tasso specifico aziendale va calcolato tenendo conto della riserva sinistri anche se nell’azienda non si sono verificati infortuni. Per la Corte la funzione del tasso specifico quella di ripartire tra le singole aziende lo stesso onere finanziario della gestione assicurativa che il tasso medio nazionale ripartisce tra gruppi di aziende che esercitano le medesime lavorazioni, previo confronto dei rispettivi elementi costitutivi, in modo da rendere possibile il rilievo delle rispettive oscillazioni, in aumento o in diminuzione, sulla base dei dati da confrontare. Pertanto, ha concluso la Cassazione, al fine di determinare il tasso specifico aziendale, nell’ambito della riserva sinistri deve presumersi un onere di prestazione anche nelle ipotesi in cui durante l’esercizio in corso al momento del calcolo del premio, non siano stati denunciati nell’azienda infortuni o malattie professionali.

Corte di Cassazione, sentenza n. 24784 del 25.11.2009

La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che l’avvocato di un Stato dell’Unione europea, iscritto all’albo del Paese di provenienza e alla relativa Cassa di previdenza, è esonerato dal fornire alla Cassa forense l’ammontare del reddito professionale e il volume complessivo d’affari.Con tale principio la Corte ha accolto il ricorso di un legale tedesco iscritto all’albo e alla Cassa di previdenza di quello Stato. La Cassa di previdenza forense italiana gli aveva contestato di non aver adempiuto all’obbligo di trasmettere le comunicazioni previste dall’articolo 17 della legge n. 576 del 1980 e i giudici di merito avevano dato ragione all’ente. La Cassazione, al contrario, ha stabilito che il professionista, iscritto all’albo tedesco e presso la relativa Cassa di previdenza, si deve considerare totalmente esonerato dall’obbligo di comunicazione e di versamento in Italia.

Corte di Cassazione, sentenza n. 22608 del 26.10.2009

La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che l’assicurazione stipulata dall’azienda per restare indenne rispetto agli infortuni sul lavoro non copre il danno morale subito dal dipendente. Prima della riforma del 2000 l’assicurazione non copriva, e resta valido per tutto il contenzioso ancora in corso, neppure il danno biologico. Con tale principio la Corte, ha respinto il ricorso di un imprenditore che chiedeva di essere tenuto indenne dalla sua assicurazione dai danni biologici e morali subiti in un incidente da un suo dipendente. La terza sezione civile ha affermato che la copertura assicurativa prevista dall’attuale sistema di assicurazione sociale contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, pur non avendo ad oggetto il danno patrimoniale in senso stretto, non peraltro, riferibile né il danno biologico nè quello morale, essendo le indennità previste dal d.p.r. 1124 del 1965 collegate e commisurate esclusivamente ai riflessi che la menomazione psicofisica ha sull’attitudine al lavoro dell’assicurato non assumendo alcun rilievo gli svantaggi, le privazioni e gli ostacoli che la menomazione stessa comporta con riferimento agli altri ambiti ed alle altre modalità di espressione della personalità del danneggiato nella vita di relazione, tra cui la stessa capacità di lavoro generico.