Stalking: un buon rendimento accademico e un’apparenza felice della vittima nelle fotografie sono sufficienti per escludere le conseguenze negative dello stalking?

  • Categoria dell'articolo:Diritto Penale
  • Tempo di lettura:3 minuti di lettura

Il caso

Un uomo è stato condannato dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto alla pena di giustizia e al risarcimento dei danni per essersi reso responsabile del reato di tentati atti persecutori ai danni dell’ex fidanzata.
La Corte di’Appello di Messina ha successivamente riqualificato il reato nella forma consumata, rideterminando la pena a un anno e due mesi di reclusione, nonché la somma liquidata a titolo di risarcimento dei danni, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione l’uomo assistito dal suo difensore di fiducia.

Secondo il legale, i giudici hanno erroneamente ritenuto la sussistenza di due eventi del reato di atti persecutori, ovvero il cambiamento delle abitudini di vita della vittima e il grave stato di ansia.
I dati inconfutabili indicano invece il miglioramento del rendimento universitario della vittima e alcune foto in cui la donna appare serena e tranquilla nonostante il presunto stalking subito.

Il legale sostiene quindi che mancano elementi probanti riguardanti gli effetti provocati dalla condotta dell’uomo sulla vittima, come l’effetto perturbativo sul suo stato d’animo e sulle sue abitudini di vita ponendo particolare rilievo sulla “totale assenza” nella donna di qualsiasi “sentimento di ansia, turbamento o paura”.

Il ricorso risulta inammissibile.

La Suprema Corte ha ritenuto che il racconto della persona offesa fosse sufficientemente affidabile e coerente per smentire le argomentazioni proposte dalla difesa.

La vittima, infatti, ha presentato un resoconto “attendibile, lineare, coerente, dettagliato e non animato da sentimenti di astio o di rancore nei confronti dell’uomo”, resoconto che è stato confermato anche dalle testimonianze di parenti e amici della donna. 

La parziale ammissione dei fatti da parte del ricorrente durante un’udienza di conciliazione presso la Polizia ha inoltre ulteriormente corroborato le affermazioni della vittima.

I Giudici hanno sottolineato il fatto che la donna ha dovuto modificare drasticamente le sue abitudini di vita per evitare l’accusato, compresa la scelta di cambiare il proprio numero di telefono e di evitare luoghi in cui poteva incontrarlo.
La donna ha anche sofferto di attacchi di panico e di pensieri suicidi a causa delle minacce ricevute di pubblicare foto intime della stessa.

In sintesi quindi gli elementi citati dalla difesa, come il buon rendimento universitario della vittima e le foto che la ritraevano sorridente, non sono sufficienti a negare l’evidenza dell’evidente impatto negativo che la persecuzione ha avuto sulla vita della vittima.

Con la sentenza n. 6323 del 15 febbraio 2023 la Corte di  Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità.