Rapporti sessuali occasionali in un nightclub: cadono le accuse a carico dei gestori del locale

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Il caso

Riformando la decisione del Tribunale di Macerata la Corte d’Appello di Ancona assolveva due gestori di un nightclub marchigiano dal reato di tolleranza della prostituzione nonostante fosse stato acclarato che in almeno due occasioni una dipendente del locale aveva ricevuto del denaro da un cliente in cambio di prestazioni sessuali.

Avverso la sentenza dei giudici di secondo grado proponeva ricorso preso la Suprema Corte la Procura Generale deducendo tra gli altri motivi che la Corte d’Appello avrebbe confuso «l’abitualità dell’esercizio della prostituzione – da parte del personale dipendente del locale – con l’abitualità della condotta di tolleranza». 

La condotta di tolleranza «non deve essere continua, ma è sufficiente la reiterazione apprezzabile nel tempo».

A tal riguardo l’accusa sottolinea che «le prove raccolte nel dibattimento evidenziano proprio una tolleranza all’altrui prostituzione esercitata nel locale degli imputati» e che la stessa P.G. «più volte si era recata in incognito nel locale e aveva constato l’offerta (a loro diretta) di alcune dipendenti di prestazioni sessuali dietro pagamento». 

Ulteriori testimonianze avevano inoltre evidenziato la consumazione di prestazioni sessuali nel locale dietro compenso e «oltre a questo anche le intercettazioni telefoniche evidenziavano la conoscenza dei gestori del locale dell’attività di prostituzione ivi esercitata».

La Suprema Corte, concordando con la decisione dei giudici di secondo grado, ritiene il ricorso inammissibile.

Secondo i Giudici «la tolleranza della prostituzione nel locale notturno è da escludere in quanto la condotta è stata occasionale».

In particolare in una delle due occasioni venute alla luce e citate dalla P.G. «non è stata accertata nemmeno la natura di rapporto a pagamento in quanto le due persone coinvolte – una dipendente del locale ed un cliente – si conoscevano e si frequentavano anche al di fuori del night club». 

Il cliente aveva riferito a tal riguardo di «aver pagato solo la consumazione nel night club, e non la prestazione sessuale, in quanto con la donna si frequentava pure fuori dal locale». 

Dalle intercettazioni emerge chiaramente che i due gestori del locale erano decisamente contrari alla prostituzione nel loro nightclub.

Ciò lo si evince anche da una conversazione in cui una dipendente suggeriva ad un’altra di evitare di prostituirsi nel locale e nel caso di farlo comunque all’oscuro dei gestori.

Con la sentenza n.34884/21 del 21 settembre la Corte di Cassazione dichiara il ricorso inammissibile.