Nozione di “pertinenza di privata dimora”: quando un garage può definirsi di pertinenza?

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Il caso

La Corte d’appello di Roma confermando la sentenza del Tribunale di Roma condannava un uomo che, infiltrandosi in un garage e commettendo un furto, si rendeva responsabile dei reati di cui agli artt. 110 c.p., 624 bis c.p. e 625 c.p..

Avverso la sentenza dei giudici di primo e secondo grado proponeva ricorso presso la Suprema Corte l’imputato lamentando violazione di legge e vizio di motivazione.

Secondo la difesa i giudici della corte territoriale avevano erroneamente equiparato il garage dove era stato consumato il furto ad un luogo di privata dimora. 

Il garage trovandosi infatti in un luogo diverso rispetto all’abitazione della persona offesa non poteva essere considerato come pertinenza della stessa.

La Suprema Corte ritiene il ricorso fondato.

I giudici di terzo grado ricordano che “integra il reato previsto dall’art. 624 bis c.p., la condotta di chi si impossessa di un ciclomotore introducendosi nel locale adibito al suo deposito, in quanto detto luogo, benché  disabitato, costituisce pertinenza di una privata dimora”.

Fondamentale quindi la corretta interpretazione di “pertinenza di privata dimora”.

Tale nozione “si riferisce a ogni bene idoneo ad arrecare una diretta utilità  economica ovvero funzionale al bene principale, per essere destinato in modo durevole al servizio o all’ornamento di esso, resa possibile da una contiguità, anche solo di servizio tra bene principale e bene pertinenziale”.

La corte territoriale ha considerato il garage come pertinenza dell’abitazione della persona offesa “senza accertare, tuttavia, come avrebbe dovuto, se, in concreto, il suddetto garage potesse effettivamente rientrare nella nozione di ‘pertinenza’, sulla base dei principi in precedenza indicati”.

Con la sentenza n. 27326/21 del 15 luglio la Corte di Cassazione annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo esame ad altra sezione della corte di appello di Roma.