Sotto processo una donna condannata alla pena di sette mesi di reclusione per il reato di frode informatica. Ella si è infatti ritrovata accreditata sulla propria Postepay una somma che era stata sottratta illecitamente tramite phishing.
Confermando la sentenza del Tribunale di Nola la Corte d’Appello di Napoli ritiene inequivocabile la ricezione della somma di denaro e la conseguente condanna per il reato di frode informatica.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione la donna a mezzo del suo difensore di fiducia lamentando l’erronea applicazione dell’art. 640-ter c.p. nonché la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza degli elementi costitutivi del delitto rubricato.
Il ricorso risulta fondato.
La Cassazione ha ribadito infatti che la mera titolarità della Postepay beneficiaria dell’accredito non è sufficiente a dimostrare la responsabilità penale della ricorrente ma è necessario accertare se il titolare della carta sia il responsabile dell’invio del link che ha permesso l’abusiva intromissione nel sistema informatico del conto corrente della persona truffata.
Il caso risulta essere un esempio concreto dell’importanza dell’individuazione del soggetto che ha inviato il link fatale per poter ipotizzare una responsabilità del beneficiario dell’accredito. In assenza di ulteriori elementi indiziari, la semplice titolarità della Postepay non è sufficiente quindi a dimostrare la penale responsabilità della donna in ordine al reato di frode informatica.
In particolare, i Giudici hanno sottolineato come tale responsabilità sia stata erroneamente desunta esclusivamente dalla titolarità della Postepay che ha ricevuto l’accredito proveniente dal conto corrente intestato alla persona offesa.
Tale circostanza non è di per sé sufficiente a comprovare che la ricorrente sia il soggetto che si è intromesso abusivamente nel conto corrente della persona truffata e ha inviato il link attraverso cui è stata realizzata la truffa.
Con la sentenza n.2682 del 23 gennaio 2023 la Corte di Cassazione annulla senza rinvio la sentenza impugnata in quanto l’imputata non ha commesso il fatto.