Il caso:
Il Tribunale di Frosinone condannava una donna per aver ”facilitato” abusivamente l’ingresso di un gregge di bovini all’interno di un fondo di proprietà della Congregazione del Sacro Ordine Cistercense di Casamari e per i conseguenti danni arrecati dagli animali a degli ulivi presenti sulla proprietà.
Viene contestato alla donna il danneggiamento degli ulivi presenti sul terreno dopo che ella aveva «introdotto ed abbandonato circa trenta capi bovini sul fondo di proprietà» dell’ordine religioso, dopo «aver reciso e danneggiato una parte della recinzione posta a protezione del terreno».
La donna propone ricorso per cassazione appellandosi al d.lgs. n. 7/2016 riguardo la depenalizzazione del reato di danneggiamento, chiedendo una riduzione della sanzione e la revoca delle statuizioni civili.
La Suprema Corte ribatte ricordando che solo il reato di danneggiamento semplice è stato depenalizzato e che quello aggravato ha conservato invece ogni sua rilevanza penale.
Trattandosi di danneggiamento di alberi di ulivo, ovvero «alberi da frutto certamente rientranti nella nozione di cui al secondo comma dell’articolo 635 del codice penale», non è possibile accogliere la richiesta di depenalizzazione della ricorrente.
Il sostenere l’involontarietà della sua condotta, comunque smentita dalle ricostruzioni, è del tutto irrilevante e di conseguenza con la sentenza n. 32006/20 del 13 novembre la Corte di Cassazione rigetta il ricorso condannando la donna al pagamento delle spese processuali e della somma di 2000 euro in favore della Cassa delle Ammende.