Devono essere cancellati dal casellario giudiziale anche i falliti prima della riforma

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Cassazione civile sez. I sentenza 28/04/2015 n.8575

Il divieto di apportare modifiche alla proposta di concordato preventivo dopo l’inizio delle operazioni di voto dei creditori, sancito dall’art. 175, comma 2, l. fall., vale anche per quelle modifiche qualificate dal debitore come migliorative: ciò al fine di evitare che il piano su cui i creditori hanno espresso il voto risulti diverso da quello che verrà effettivamente eseguito.

Tribunale sez. fallimentare Roma decreto 24/03/2015

DECRETO
Decreto di ammissione del concordato preventivo n. 100/2014 Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A. in liquidazione (di seguito, per brevità, anche NIE), con sede legale in Roma, Via … , codice fiscale e numero di iscrizione al registro delle imprese Roma … già editrice della testata “L’Unità”, con periodicità quotidiana, iscritta al n. 243 del Registro Nazionale della Stampa del Tribunale di Roma, in persona dei liquidatori e legali rappresentanti dr.prof. E., D., e dr. F. C. P. rappresentata e difesa nel presente procedimento dall’avv. Luigi Amerigo Bottai ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via :.. (00197), giusta procura rilasciata in calce al ricorso ex art. 161 sesto comma l.f. depositato il 1.8.2014;
il difensore chiede che le comunicazioni, ai sensi dell’art. 176 c.p.c. vengano effettuate al seguente indirizzo di posta elettronica certificata:
-omissis-;
I. Profilo della società e cenni storici:
La Nuova Iniziative Editoriale S.p.A. in liquidazione, proprietaria della testata editoriale “L’Unità”, ha sede in Via … Roma ed è stata costituita il 20 luglio 2000, editando sin dal 28 marzo 2001 lo storico quotidiano “L’Unità”, fondato il 12 febbraio 1924 da Antonio Gramsci.
L’oggetto sociale prevede “(…} l’acquisto, la pubblicazione ed edizione di quotidiani, periodici, libri e riviste; la stampa e/o la diffusione e/o la distribuzione, anche on-line, di quotidiani periodici, libri e riviste editi da terzi; la produzione, distribuzione e commercializzazione di tutti i prodotti standard attinenti alle attività anzidette, tramite videogrammi – in tutti i possibili standard, supporti e tecnologie, quali – a titolo esemplificativo – videocassette, videodischi, cd e dvd, programmi interagivi on-line; l’organizzazione, la produzione e la diffusione di notizie, servizi e spettacoli con qualsiasi mezzo di informazione (…)”
Il capitale di £ 7.426.942 è suddiviso tra gli azionisti:
– M.F., titolare di azioni per E 1.350.006, pari al 18,8%;
– Gunther Reforin Holding S.p.A., titolare di azioni per E 1.038.466, pari al 13,98%;
– Monteverdi S.r.l., titolare di azioni per E 918.242, pari al 12,36%;
– Società Partecipazioni Editoriali S.p.A. (SOPED), titolare di azioni per E 129,808, pari al 1,75%;
– R S titolare di azioni per E 115.961, pari al 1,56%;
– Chiara S.r.l., titolare di azioni per E 81.629, pari al 1,10%;
– Eventi Italia s.r.l., titolare di azioni per E 519, pari allo 0,01%.
La società è stata posta in liquidazione volontaria con l’assemblea del 12 giugno 2014.
In data successiva, l’assemblea degli azionisti, constatata l’indisponibilità dei soci a coprire le ingenti perdite accumulate negli ultimi esercizi e la mancanza di altre risorse per fronteggiare la crisi, ha determinato l’interruzione delle pubblicazioni a partire dal 1 agosto 2014.
Con determinazione notarile (rep. 98515/24922) è stata recepita la determinazione dei liquidatori di procedere alla predisposizione e al deposito di una domanda di concordato preventivo ex art. 161 sesto comma l.f.
Al fine di comprendere le caratteristiche peculiari della odierna procedura non è privo di rilevanza tratteggiare alcuni cenni storici del quotidiano “L’Unità” anche al fine di comprendere l’urgenza prospettata dalle parti nella definizione dell’operazione concordataria e nel risanamento conservativo del quotidiano.
Il quotidiano “L’Unità” è stato fondato nel 1924 da Antonio Gramsci a Milano.
Nel 1926, a seguito dell’ordine di sospendere le pubblicazioni emanato dal prefetto di Milano, il giornale venne pubblicato per lungo periodo in Francia. Solo nel 1945 il giornale usci dalla clandestinità e riprese le pubblicazioni ubicando la propria sede sociale a Roma.
Negli anni ottanta e novanta si sono susseguiti, tra i direttori del giornale, Cl. Pe., Em. Ma., Ma. D’., Re. Fo. e Wa. Ve..
Nel 1987, a seguito dell’ingresso di soci privati, la crisi del quotidiano si è accentuata ed ha portato alla sospensione delle pubblicazioni nel luglio del 2000.
Con la odierna società NIE, nel marzo 2001, le pubblicazioni sono state riavviate sotto la direzione di Fu. Co. ed An. Pa..
Nel 2008, con l’ingresso di Re. So., allora Presidente della Regione Sardegna nonché Presidente e amministratore delegato di Tiscali, la direzione del giornale è stata affidata a Co. D. Gr..
Dal 1 ottobre 2008, il giornale ha ridotto le dimensioni con rivisitazione anche del sito del quotidiano.
Ancora, nel 2011, un nuovo cambio di direzione ed una nuova modifica del formato della testata (c.d. “formato berlinese”).
La gestione NIE non è riuscita ad evitare la progressiva riduzione delle copie vendute con un ribasso da 73 mila copie nel 2001 a poco più di 23 mila copie nel 2013, fino alla sospensione delle pubblicazioni del 1 agosto 2014.
2. Lo stato di crisi della Nuova Iniziativa Editoriale S.P.A. e la forte contrazione delle vendite del quotidiano “L’Unità”.
Lo stato di crisi (e la sua genesi) della Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A. è stato ben illustrato nella domanda di concordato preventivo (cfr. paragrafi dedicati alla storia della società ed allo stato di crisi economico-finanziaria) e lo si trae anche dalla breve ricostruzione storica sopra effettuata.
Al fine di inquadrare le ragioni del decidere, vale la pena ricostruire la delicata situazione economico-finanziaria in cui la NIE si è trovata ad operare quanto meno a partire dal 2013.
La genesi di tale crisi in sintesi è tosi inquadrabile e sinteticamente riassumibile:
– nello scenario macroeconomico del mercato editoriale, deterioratosi negli ultimi anni per la diffusione dell’informazione via internet;
– nella disaffezione degli elettori verso i partiti tradizionali di riferimento e nella sfiducia nei confronti della classe politica, trattandosi di azienda editoriale connotata da un marcato carattere politico;
– nella crisi economica generale, che ha indotto i cittadini a tagliare le spese voluttuarie. Invero, a considerare il quadriennio 2008-2012, emerge con chiarezza l’andamento decrescente delle vendite e dei ricavi della testata nel confronto con i dati di mercato (cfr. grafici allegati da parte ricorrente).
Nel periodo in considerazione, ed anche in quello precedente (a partire dal 2005), la società ha costantemente operato in perdita e, a fronte del “trend’ decrescente dei ricavi (anche per effetto della crisi macroeconomíca e della significativa riduzione dei contributi all’editoria), non si è effettuata una seria politica di contenimento dei costi, in particolare di quelli fissi, in specie per quelli riguardanti la gestione del personale, rimasto sovradimensionato a 91 unità sino all’intervento della Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria, e del notevole contenzioso esterno.
Gli organi gestori della NIE, per fronteggiare tale stato di crisi, nel corso dell’esercizio 2012, hanno avviato un’attività di rinnovamento della compagine sociale, reperendo nuove risorse finanziarie con l’ingresso di nuovi soci (aumento del capitale sociale da 5 a 8 milioni di euro e successivi innesti di nuove risorse).
Del pari, è stata avviata, come riferito dalla parte ricorrente, un’azione di contenimento dei costi generali con rinegoziazione di alcuni contratti con i principali fornitori (stampa, trasposto, manutenzione, collaborazione) con un risparmio, nel triennio 2011-2013 di oltre 4,5 milioni di euro, con una lieve riduzione del costo del lavoro del personale giornalistico mediante la stipula di un contratto di solidarietà e con l’apertura, per i poligrafici, dello stato di crisi propedeutico al prepensionamento di 10 unità. Contemporaneamente, la gestione avviava un “restyling” del formato del quotidiano, passando dal “tabloid” al “berliner”, concludendo un importante accordo con il PD in relazione alla piattaforma editoriale “Pdlive”, che prevedeva il contributo del partito per 1,6 milioni di euro su base annua per il triennio 2013-2015 a fronte di 57.043 abbonamenti digitali giornalieri di minimo garantito.
Tale contratto, alla fine del 2013, è stato modificato dal PD con un notevole impatto economico e finanziario sulle prospettive di sviluppo della società. In tale scenario, le iniziative di comunicazione ed il cambio del direttore del quotidiano non hanno sortito effetto anche perché, come ben illustrato da parte ricorrente, si è deciso di procrastinare gli interventi sul personale giornalistico seppure opportuni dal momento che le cinque redazioni locali erano divenute insostenibili alla luce della forte crisi economico-finanziaria.
Nel Luglio del 2013, la gestione della società ha fatto ricorso alla riduzione del capitale, ai sensi dell’art. 2446 cod civ., e, nel corso dell’assemblea del 16.9.2013, venivano abbattute perdite per oltre 12 milioni di euro, dando seguito ad un nuovo aumento di capitale per 5,5 milioni di euro, non interamente sottoscritto. In conclusione, dalla documentazione allegata in atti, si può riscontrare che, nel periodo 2009/2013, la società ha sempre registrato rilevanti perdite di esercizio, con una progressiva erosione del patrimonio netto, incrementato solo grazie ai costanti interventi dei soci (complessivamente pari ad E 12.496.486).
La situazione economica e patrimoniale al 31.12.2013 evidenziava una perdita di 20,5 milioni di euro con un patrimonio netto negativo di E 10,7 milioni; tale dato già di per sé integrava il presupposto legale per lo scioglimento della società ai sensi dell’art. 2484, primo comma, cod.civ. (integrale perdita del capitale).
La situazione, così in sintesi ricostruita, ha portato progressivamente ed inevitabilmente ad un considerevole abbattimento del valore della testata che da E 23,7 milioni al 2013 é stato rettificato ad E 7,5 milioni nel 2014, con una svalutazione complessiva di 16,2 milioni.
La riduzione del 70% di tale valore, seppure cronologicamente databile al 12.6.2014 (apertura dello stato di liquidazione), in applicazione del principio del “going concern”, può certamente dirsi generata in epoca precedente a causa del cumularsi delle ragioni sopra individuate.
La parte ricorrente, nel ricorso introduttivo, ha dedicato un capitolo agli eventuali profili di responsabilità nei confronti di amministratori ed organi di controllo (cfr. in proposito ricorso introduttivo voce “azione di responsabilità” ed atto integrativo voce “azione di responsabilità” pag. 28 e ss.) rilevando come inizialmente è stata rimessa all’assemblea dei soci, tenutasi il 19.1.2015, la decisione di approfondire o meno le indagini sui presupposti e sull’eventuale danno connesso; all’esito, i soci hanno deliberato di non proseguire gli accertamenti sul punto ovvero, più correttamente, “di non intraprendere alcuna azione di responsabilità nei confronti degli organi societari…”, non ritenendo sussistenti i profili di addebito (così il deliberato dell’assemblea tenutasi in data 13.2.2015).
Infine, i liquidatori, in merito all’azione di responsabilità, hanno rimesso ogni decisione all’esito delle indagini che gli organi della procedura intendano effettuare (cfr. pag. 31 dell’atto modificativo della proposta e del piano di concordato preventivo).
In tale quadro, così come ricostruito, appare indubitabile lo stato di crisi della società che ha cumulato negli anni enormi passività.
3. La procedura di concordato preventivo n. 100/14; le richieste di autorizzazione ex art. 161 settimo comma l.f.; il deposito della domanda di concordato pieno e della domanda integrativa.
In data 1.8.2014, la NIE S.p.A. in liq. ha presentato ricorso ai sensi dell’art. 161 sesto comma l.f. ed il tribunale, con decreto del 26.9.2014, previa nomina del Commissario Giudiziale e previa imposizione di una serie di obblighi informativi periodici, ha assegnato il termine sino al 20.1.2015 per il deposito della proposta, del piano e della documentazione indicata dall’art. 161, secondo e terzo comma, LF Con istanza depositata in data 11.11.2014, la società ricorrente ha chiesto al tribunale l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 161, settimo comma Lf., ad eseguire il pagamento rateizzato di parte del debito privilegiato concorsuale (pari ad E 43.249,80, con esclusione dei contributi INPGI maturati nel corso del 2014), al fine di poter ottenere la regolarità contributiva relativa all’anno 2013, quale presupposto per l’erogazione delle provvidenze editoriali pari ad E 2,7 milioni per il 2013 ai sensi della legge n. 250/1990 e successive modifiche.
Con decreto del 5.12.2014, il tribunale ha respinto l’istanza di rateizzazione del debito contributivo anteriore, dichiarando tuttavia l’esistenza del presupposto della regolarità contributiva anche perché in materia trova applicabilità la disposizione regolamentare dell’art. 5 comma 2, lett. b), dm. 279/2007 che ha affermato il principio generale di sospensione/divieto di pagamenti dei crediti anteriori.
Con successiva istanza in data 19.12.2014, nelle more del termine, la società ha chiesto l’autorizzazione, ai sensi dell’art. 161, settimo comma, l.f alla stipulazione di un contratto di affitto di testata per la durata massima di un anno e per un canone di affitto mensile pari a E 90,000,00 (novantamila/00), oltre iva.
In data 21.1.2015, la parte ricorrente ha proceduto al deposito del concordato c.d. pieno ed ha insistito nella precedente istanza di autorizzazione all’affitto della testata. Su tale istanza di affitto, il tribunale ha effettuato una serie di rilievi critici in merito alla configurazione dell’operazione finalizzata all’affitto della testata, comunicando altresì il relativo provvedimento alla Procura della Repubblica di Roma per il parere in merito. In particolare, questo tribunale ha evidenziato che l’avere considerato la testata, quale singolo bene, ha portato la ricorrente a non considerare la peculiarità della fattispecie, che imponeva invece una corretta valutazione del comparto aziendale nella sua unitarietà, giacché l’acquisizione e/o l’affitto della testata giornalistica “L’Unità”; dei marchi; dei segni distintivi; delle registrazioni relative a “L’Unità”; dei nomi di dominio de “L’Unità’; dell’archivio storico delle pubblicazioni de “L’Unità” si identifica inequivocabilmente con il complesso dei beni organizzati e funzionali all’esercizio dell’azienda giornalistica o, quanto meno, con una parte rilevante e significativa di essi.
Analoghe perplessità sono state evidenziate da questo tribunale in merito alla sorte dei rapporti di lavoro pendenti giacché la legge offre positivo riconoscimento, nelle ipotesi di affitto di azienda o di affitto di ramo di azienda, al mantenimento dei posti di lavoro, o, quanto meno, al mantenimento di una quota dei posti di lavoro previa individuazione dei numero dei lavoratori da destinare alla nuova struttura aziendale mediante la selezione basata su criteri oggettivi e predeterminati.
Si è proceduto dunque ad una serie di udienze fissate appositamente dinanzi al giudice delegato per l’assunzione di sommarie informazioni ai sensi dell’art. 161 settimo comma L.f. – previa convocazione dei liquidatori della Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A, in liq.ne, dei legale rappresentanti della neo costituita Unità s.r.l., dei soci Gu. Ve. Quotidiani ed Europa Youdem Unità e del Pre-Commissario Giudiziale prof, avv. An. Le. – all’esito delle quali, la parte ricorrente ha dichiarato di volersi adeguare ai rilievi effettuati dal tribunale e di voler integrare la proposta concordataria nel senso di formalizzare idonea procedura sindacale ai sensi dell’art.47 legge 428/90 (comma 4 bis lett. b introdotto dal Decreto Sviluppo D.L. 83/2012) al fine di predeterminare con esattezza la forza lavoro occorrente per il riavvio dell’azienda giornalistica.
All’udienza del 4 marzo 2015, fissata per la verifica dell’avanzamento delle trattative ex art. 47 Legge n. 428/90, le parti hanno depositato gli accordi sindacali raggiunti con le rappresentanze sindacali dei giornalisti e dei poligrafici per il trasferimento di 30 unità (25 giornalisti, 4 poligrafici, oltre ad una dirigente).
In data 16.3.2015, la parte ricorrente ha depositato integrazione al piano di concordato (cfr. documentazione allegata in atti)(1), contenente anche istanza di autorizzazione all’affitto di ramo di azienda ex art. 167 l.f.
Il piano è stato prontamente trasmesso all’ufficio del pubblico ministero per il relativo parere con l’indice degli atti e dei documenti integrativi.
4. Il parere del pubblico ministero.
L’ufficio del pubblico ministero ha fatto pervenire il proprio parere in merito alla prima richiesta di affitto (della testata), giudicando l’operazione non idoneamente garantita e non sorretta da una procedura ad evidenza pubblica.
Successivamente, sono stati inoltrati all’ufficio del pubblico ministero il piano concordatario e le successive integrazioni (con inclusa la nuova richiesta di affitto di ramo di azienda) e nessun parere è pervenuto in proposito.
5. Le caratteristiche del piano di concordato (modalità e tempi di adempimento della proposta) e l’apporto della c.d finanza esterna.
La domanda di concordato in oggetto, nella sua versione originaria, si fondava sulla già avvenuta cessazione dell’attività aziendale, ipotizzando che il bene azienda non fosse più produttivo e che, in ossequio al disposto dell’art. 105, primo comma, l.f. fosse stata possibile una liquidazione dei singoli beni anziché la vendita dell’intero complesso aziendale, dei suoi rami, di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco. Con provvedimento in data 27.1.2015, questo tribunale, nel prendere posizione sull’istanza ex art. 161, settimo comma, l.f. (affitto di testata), ha evidenziato che l’avvenuta cessazione dell’attività (nella specie dell’attività tipica gestionale coincidente con la pubblicazione del quotidiano) non significava necessariamente la perdita della residua potenzialità aziendale, con la conseguenza che non avrebbe potuto essere ignorata la circostanza che l’affitto di testata avrebbe comunque dato vita ad una circolazione e/o trasmissione dell’azienda o di suoi rami e non dei singoli beni atomisticamente considerati.
La società, adeguandosi ai rilievi del tribunale, ha poi integrato la originaria domanda, formulando un piano di concordato caratterizzato da apporto di finanza esterna, dal preventivo affitto di azienda giornalistica (non più affitto di testata giornalistica come era in origine) correlato inscindibilmente ad una offerta irrevocabile di acquisto, anche previo esperimento di procedura ad evidenza pubblica.
Il piano é caratterizzato dal rinvenimento di risorse esterne al patrimonio sociale e proveniente da soggetti terzi ovvero dalla “newco” Unità s.r.l. – società di nuova costituzione partecipata dalla Gu. Ve. Editore S.p.A. per il 95% delle quote (a sua volta partecipata dalla Gu. Ve. Editore S.p.A. per il 60% e dalla Piesse S.r.l. per il restante 40% entrambe correnti in Milano e facenti capo rispettivamente agli imprenditori Veneziani e P, … ) e dalla EYU S.r.l, per il 5% (con sede in Roma).
Va ricordato che i liquidatori della NIE, subito dopo la presentazione del ricorso prenotativo per concordato, avviavano una procedura di selezione competitiva per l’individuazione di offerte irrevocabili di acquisto dell’azienda editoriale o di rami di azienda ovvero di beni appartenenti alla società, con il fine di predisporre il piano concordatario.
Si procedeva ad una prima gara, entro il termine fissato al 31.10.2014, ed alla liquidazione pervenivano tre offerte, nessuna delle quali veniva ritenuta soddisfacente (cfr. seconda relazione informativa depositata il 11.11.2014). Fallito il primo tentativo, si procedeva ad una seconda gara e, nel termine stabilito (30 novembre 2014), pervenivano alla liquidazione n. 3 offerte irrevocabili, provenienti dai Medesimi imprenditori che avevano partecipato alla gara precedente (T3T S.p.A., A. P., e newco Unità s.r.l. del Gruppo GVE); di tale gara i liquidatori hanno riferito al giudice delegato nella terza relazione informativa depositata in data 11.12.2014.
Successivamente, L’Unità s.r.l – nell’adeguarsi ai rilievi del tribunale sopra richiamati – in data 3 marzo 2015, ha riformulato l’offerta irrevocabile di acquisto, previo affitto, del ramo di azienda editoriale di NIE così perimetrato:
1) Il personale giornalistico e poligrafico nel numero massimo di 29 unità, oltre un dirigente (il “Personale”);
2) Immobilizzazioni materiali e immateriali (i “Beni”) di seguito indicati:
i. la testata “L’Unità” e il dominio e sito internet “unità.it”
ii. Le licenze d’uso del sistema editoriale carta e web specifico per la pubblicazione dell’unità;
iii. le scrivanie, 10 pc usati, 10 sedie, 10 cassettiere;
iv. Archivio storico de L’Unità.
L’onere economico complessivo dell’operazione viene mantenuto fermo all’ammontare di E 10.000.000,00, dei quali 3 milioni a titolo di acquisto del ramo editoriale (acquisto proposto subito dopo l’omologa, salvo gara da esperire dal liquidatore dei beni) da cui andranno detratti i canoni di affitto versati fino alla data di omologa del concordato e le eventuali somme dovute a titolo di TFR ex art. 2112 c.c. ai lavoratori il cui rapporto continuerà con la proponente Unità s.r.l., e 7 milioni a titolo dì finanza esterna. In sintesi, a fronte di un attivo concordatario al valore di realizzo pari ad E 8.316.420 (attivo concordatario al netto delle spese prededucibile E 6.637.266) e di un passivo al valore di estinzione pari ad E 30.727.795, il piano prevede le seguenti modalità ed articolazioni:
pagamento immediato di tutte le prededuzioni maturate e maturande stimate in E 1.679.154,00 (cfr. pag. 43 dell’atto modificativo della proposta e del piano di concordato preventivo);
pagamento al 100% dei crediti fiscali da ritenute non versate, i quali devono essere integralmente soddisfatti (art. 182 ter l.f.), a differenza degli altri crediti, per disposizione inderogabile di legge;
pagamento, sino a capienza, dei creditori privilegiati che ammontano in totale ad E 16.594.279 ma vengono soddisfatti solo per E 6.637,266 destinati ai creditori primi in grado ex art. 2751 bis n. 1 cod.civ. entro l’anno dall’omologazione ex art. 186-bis, comma 2, lett.c); tutto il patrimonio liquidato, come detto, non sarà sufficiente ad estinguere l’intero ammontare dei privilegi cosicché la parte rimasta insoddisfatta (pari ad E 9.957,012) viene fatta retrocedere al rango chirografario come asseverato nella perizia giurata di stima ex art. 160, 2 comma, l.f); affitto di azienda collegato inscindibilmente alla proposta di acquisto irrevocabile, la cui bozza è allegata in atti, per la durata massima di un anno, ad un canone mensile di E 90.000,00, oltre iva allo scopo di riattivare le pubblicazioni del quotidiano, cessate al 1.8.2014;
intervento della c.d, finanza esterna, generata dalle risorse apportate a titolo di liberalità dalla Unità S.r.l., giusta proposta irrevocabile come riformulata in data 3.3.2015 per complessivi E 10.000.000,00 (quanto a E 3.000.000,00, detratti i canoni di affitto del ramo già versati alla data di omologa del concordato e le eventuali somme dovute a titolo di tfr ex art. 2112 c.c. ai lavoratori il cui rapporto di lavoro continuerà con la proponente Unità s.r.L; quanto ad E 7.000.000 da versare in due rate di pari importo a distanza di 11 mesi dall’acquisto la prima e di ulteriori 12 mesi la seconda, con garanzia dell’adempimento di tutte le obbligazioni nascenti dall’offerta tramite fideiussione a prima richiesta e senza eccezioni (cfr. allegato 3). Sui tempi di adempimento della proposta il piano ex art. 160, comma 1, il quale integrato anche ai sensi dell’art. 186 bis l.f., evidenzia che la seguente scansione temporale (cfr. relazione piano di concordato integrativo pag. 48):
* Data di omologazione del concordato al 30 ottobre 2015;
* Cessione del perimetro aziendale secondo le modalità previste dall’offerta da parte di Unità s.r.l. dopo i tre mesi dall’omologa;
* Esecuzione dell’intero piano concordatario entro ventisette/trenta mesi dall’omologa.
6. La verifica del tribunale sulla ritualità e sull’ammissibilità della proposta e la natura del concordato con subordinata istanza di affitto di ramo di azienda e successiva cessione.
Sulla verifica del tribunale va premesso che, pur dovendosi ritenere che l’apprezzamento della realizzabilità della proposta, come mera prognosi di adempimento, competa solo ai creditori, non può escludersi dal sindacato del tribunale e dunque del pubblico ministero una generale verifica sulla idoneità della documentazione prodotta (per completezza e per regolarità) a corrispondere alla funzione che le è propria, consistente nel fornire elementi di giudizio ai creditori, sulla ritualità della proposta di concordato e della relazione fidefacente, che ne certifica la veridicità e l’attuabilità.
Ne consegue che il controllo sulla ritualità, secondo l’accezione propria del diritto processuale civile, coinvolge il preventivo accertamento circa l’esistenza delle condizioni di legittimità formale e sostanziale di un atto e, secondo tale accezione, il giudice delegato (e dunque ancor prima il pubblico ministero) è tenuto a compiere una verifica preventiva della proposta concordataria, tale che la stessa sia inquadrabile in una necessaria cornice di legitimità – oltre che meramente formale – anche sostanziale.
Ne consegue che, in tale fase, il tribunale è tenuto ad esplicitare e motivare la coerenza dei criteri e delle metodologie osservate nei controlli preventivi volti a valutare la fattibilità del piano anche in ragione della idoneità dell’attestazione del professionista ad assolvere alla funzione di certificazione cui è diretta Va premesso che il piano in questione presenta caratteristiche peculiari in quanto ipotizza un affitto di ramo aziendale prodromico al trasferimento del complesso aziendale.
In particolare, l’impegno all’acquisto del versamento del prezzo da parte dell’affittuario assume la forma giuridica della proposta irrevocabile di acquisto, per il tramite della quale l’affittuario si obbliga ad acquistare l’azienda o un suo ramo (art. 1329 cod.civ.).
Nella prassi concordataria tale schema è piuttosto in voga ed esige tuttavia la soluzione di taluni problemi giuridici di carattere preliminare volti a definire la natura del concordato e la sua essenza dì risanamento.
La fattispecie che ci occupa (affitto c.d. ponte), nella iniziale valutazione giuridica dei primi modelli concordatari elaborati in conformità del decreto sviluppo 2012, è stata inserita dalla prassi giurisprudenziale e dalla dottrina nella categoria del concordato liquidatorio, con la specificazione che al concordato in continuità dovevano ascriversi solo quei concordati che assicurassero una diretta continuità giuridica ed al contempo una continuità in senso economico aziendale di sopravvivenza dell’azienda e di ripristino del c.d. “going concern “. In questa ottica, la liquidazione dell’azienda a terzi era considerata quale atto liquidatorio puro, seppure da adottare con preferenza rispetto alle altre modalità di liquidazione in quanto maggiormente remunerativo per i creditori. L’introduzione dell’art. 186 bis l.f. non consente tuttavia dì aderire all’orientamento sopra richiamato giacché sia il “concordato con ristrutturazione” o meglio “con continuità diretta”, sia il “concordato con cessione” o “con continuità indiretta” sono ascrivibili alla categoria dei concordato in continuità aziendale. Il modello, oltre che giuridicamente, è compatibile, dal punto di vista logico, con la natura del concordato in continuità che ipotizza proprio una continuazione fisiologica della vita dell’azienda, sia essa in capo all’originario imprenditore sia essa in capo a terzi affittuari-acquirenti.
Ne consegue che le operazioni straordinarie (cessione, affitto, conferimento aziendale), seppure volte ad un mutamento della originaria compagine aziendale, non possono dirsi prive del requisito della continuità sotto forma di risanamento traslativo indiretto, che pure merita di essere inserito nel requisito della continuità aziendale.
Il piano concordatario in oggetto invero ingloba tutta la serie di operazioni sopra descritte nello loro consequenzialità logico-giuridica (affitto preliminare al successivo acquisto della compagine aziendale) così da non dare luogo a dubbi di sorta sulla natura del concordato.
Del resto, se così non fosse, aderendo alla diversa tesi del concordato liquidatorio puro sarebbe consentito disfarsi, per via giuridica, di un’azienda ancora in vita e potenzialmente attiva, ivi compresa la forza lavoro, che verrebbe messa da parte senza il rispetto della normativa gius-lavoristica (cfr. decreto di questo tribunale in data 27.1.2015), salvo ricostituire la compagine aziendale, nella fase esecutiva del concordato, sia pure con soggetti diversi e con diversa forza lavoro. E’ ragionevole supporre altresì che una siffatta interpretazione (aderente alla tesi del concordato liquidatorio puro) si ponga in contrasto con i principi generali dettati dal codice civile in materia di lavoro (es. violazione dell’art. 2112 c.c.) e non tenga conto delle disposizioni del titolo VII del codice civile (art. 2555 e ss.) in materia di azienda e del relativo trasferimento (es. norme in tema di successione nei contratti e sul regime dei crediti e dei debiti relativi all’azienda ceduta), che delineano una evidente continuità giuridica, non solo ideale, nei rapporti tra l’azienda ceduta e l’azienda subentrante.
Nel caso in esame, l’affitto che precede la cessione costituisce una parte essenziale del piano concordatario e, come tale, si inserisce nella continuità proprio perché l’affittuario si è impegnato irrevocabilmente ad acquistare il complesso dei beni e dei servizi funzionali all’attività d’impresa.
In simile evenienza (che realizza, di fatto, una sorta di conferimento aziendale in una compagnia di nuova costituzione con trasferimento a terzi di tutto il patrimonio aziendale) la fattibilità del piano dipende, in un primo momento, dai flussi derivanti dal pagamento dei canoni e del prezzo di acquisto (calcolato al netto dei canoni “in conto prezzo”) sicché il contenuto dell’attestazione dovrà incentrarsi sulla idoneità dell’affittuario – promissario acquirente a fare fronte ai propri impegni grazie non solo al patrimonio di cui dispone o alle garanzie su cui è in grado di fare affidamento, ma anche grazie alla realizzazione di un adeguato piano industriale. Il c.d. “business plan” sarà dunque necessario e dovrà avere un orizzonte temporale piuttosto ampio, per lo meno coincidente con la data in cui si realizza il trasferimento ai terzi poiché, sino a quel momento, la società di nuova costituzione, anche nella qualità di potenziale conferitaria dell’azienda, è destinata ad operare pur sempre nella disponibilità del debitore concordatario.
Ciò giustifica le pregresse richieste effettuate dal tribunale sull’adozione di clausole e/o di trattative volte a stabilizzare i rapporti di lavoro e sulla effettuazione di attestazioni volte a chiarire le future linee guida della società affittuaria-promissara acquirente.
Fatta tale premessa sulla natura del presente concordato, va detto che la proposta così formulata, alla luce delle verifiche riguardanti la necessaria cornice di legittimità ed alla luce del percorso seguito dalla parte proponente, la quale si è adeguata prontamente ai rilievi critici formulati dal tribunale in merito all’affitto di testata, appare rituale ed ammissibile, anche in relazione agli specifici punti sotto indicati:
6.1. La richiesta subordinata di autorizzazione all’affitto di ramo d’azienda ex art. 167 l.f. e delle ulteriori operazioni ad esso connesse.
La peculiarità della presente proposta di concordato, giova ribadirlo, è rappresentata dall’avere anticipato, sin dall’autunno 2014, la procedura competitiva per la selezione della migliore offerta irrevocabile di acquisto dei beni ad una fase anteriore rispetto all’omologazione; tale modo di procedere è stato necessitato dalla natura dell’asset principale (il ramo di azienda comprendente la testata che edita il quotidiano “L’Unità”) e dall’urgenza del ritorno alle pubblicazioni previo affitto così da poter conferire nuovo valore al predetto bene nell’attesa della cessione e da evitare la perdita di efficacia della registrazione ai sensi dell’art. 7 della Legge n. 47/1948.
A tal fine, in via subordinata ma contestuale all’ammissione, la parte istante ha formulato, così come indicato nella nuova proposta irrevocabile trasmessa da Unità s.r.l. in data 12 marzo 2015 (cfr. allegato 3), l’istanza di autorizzazione ex art. 167 secondo comma l.f. delle seguenti operazioni:
1) la stipula degli accordi individuali in deroga all’art. 2112 c.c. sulla base delle intese raggiunte con le rappresentanze dei lavoratori (giornalisti e poligrafici cfr, allegati 1 e 2), approvati dalle rispettive assemblee in ossequio all’art. 47 della legge n, 428/1990;
2) la concessione in affitto del ramo aziendale editoriale (per la durata massima di anni uno, in funzione della futura vendita; ad un canone mensile di E 90.000,00, oltre iva; con garanzia fideiussoria già rilasciata da Intesa Sanpaolo e con il trasferimento di 30 dipendenti Nie giusta intese sindacali già concluse.
Va premesso che l’intera operazione è finalizzata ad un rilancio immediato dell’attività editoriale sicché l’affitto del ramo di azienda è fondamentale per evitare che il trascorrere del tempo possa comportare la perdita di efficacia della registrazione e l’azzeramento del valore dell’intero ramo aziendale.
Non sussistono pertanto ragioni ostative all’affitto del ramo di azienda anche in considerazione dell’avvenuto perfezionamento delle intese sindacali, come peraltro sollecitato da questo tribunale con provvedimento del 27.1.2015 volto a tutelare le posizioni dei dipendenti e la conservazione dell’azienda. Ne consegue che l’operazione relativa all’affitto di ramo di azienda (funzionale alla cessione) ha una sua solida coerenza logica, salvo rimettere alla valutazione del giudice delegato ex art. 167 l.f. la concreta determinazione in merito alle singole pattuizioni inserite nella bozza di contratto allegata in atti (cfr. bozza contratto di affitto allegato 4 di parte ricorrente) da coordinare necessariamente con l’offerta di acquisto irrevocabile;
6.2. La nuova proposta irrevocabile di Unità S. r. L.
Sul punto, va specificato che la nuova proposta irrevocabile di Unità s.r.l., già accettata dai liquidatori, deve intendersi subordinata al previo esperimento di una apposita procedura ad evidenza pubblica, sia per una maggior apertura al mercato, sia per consentire l’adeguamento ai rilievi espressi dall’ufficio del pubblico ministero nel parere reso in occasione della prima richiesta di affitto della testata. La parte ricorrente peraltro non ha formulato obiezioni su tale circostanza, avendo riconosciuto che l’acquisto debba avvenire subito dopo l’omologa (e comunque entro il termine massimo di dodici mesi dalla sottoscrizione del contratto di affitto dì azienda), anche all’esito di una ulteriore procedura competitiva di vendita, ponendo quale base di partenza le identiche condizioni prospettate da Unità s.r.l. (ossia previsione di finanza esterna per almeno sette milioni di euro, assunzione di 30 dipendenti NIE ed adeguata garanzia) e con clausola di rimborso in favore della stessa Unità s.r.l. (da parte della Me o del terzo aggiudicatario-acquirente) delle differenze d’inventario ex art. 2561 ultimo comma cod.civ. e degli investimenti sostenuti e documentati (cfr. atto modificativo della proposta e del piano di concordato preventivo pag. 17 nonché integrazione alla relazione del professionista pag. 47).
Per il coordinamento e la successione temporale delle singole operazioni (affitto – gara ad evidenza pubblica — cessione) si rimette alla determinazione del giudice delegato e del commissario giudiziale, i quali, nell’ambito delle rispettive competenze, dovranno valutare la scansione temporale più idonea a regolare l’avvicendamento delle singole tappe del piano, anche nella loro consequenzialità logico-giuridico ed in considerazione delle ragioni di celerità che dovranno necessariamente caratterizzare la procedura al fine di consentire un efficace risanamento nei tempi indicati nel piano.
6.3. La fideiussione rilasciata da Intesa San Paolo in data 11 marzo 2015 a garanzia della intera operazione concordataria.
In atti risulta allegata la copia della fideiussione emessa da Intesa San Paolo in data 11 marzo 2015 (n. 0730418200100617231), la quale tuttavia, sembra avere ad oggetto il pagamento dei canoni e la vendita mentre non si esplicita se la medesima, seppure rilasciata per il valore di £ 10.000.000,00 abbia ad oggetto anche la finanza straordinaria e Piva sui canoni di locazione.
Tale aspetto, di per sé non è privo di rilievo, e merita di essere approfondito giacché l’intera operazione necessita di una adeguata garanzia dal momento che le attestazioni acquistano logica coerenza proprio alla luce di siffatta garanzia per il valore complessivo quale sopra indicato.
7. Attendibilità e ragionevolezza delle valutazioni effettuate dall’esperto.
Nel quadro complessivo così delineato attendibili e ragionevoli appaiono le valutazioni effettuate dagli esperti in merito al tenore complessivo dell’intera operazione concordataria che viene giudicata fattibile e coerente con gli intenti di risanamento conservativo; ciò anche sul punto relativo alla prosecuzione dell’attività di impresa “esterna” mediante affitto del ramo di azienda editoriale – operazione considerata funzionale al miglior soddisfacimento dei creditori.
Merita di essere integralmente richiamata la stima effettuata dal prof. PC circa la congruità del canone di affitto (tale stima è stata recepita integralmente dall’attestatore al paragrafo 4.5 intitolato “La prosecuzione “esterna” dell’attività d’impresa mediante l’affitto del ramo di azienda”).
Ancora, al punto 4.5.3 della integrazione alla relazione del professionista ex art. 161, comma 3, l,f., sulla funzionalità della prosecuzione dell’attività d’impresa “esterna” al miglior soddisfacimento dei creditori, si legge che, pur non insorgendo maggiori oneri a carico di NIE, essendo l’ammontare dei canoni di affitto integralmente garantito, la società ha comunque predisposto, ex art. 186 bis l.f., un Piano NIE per il periodo di affitto del ramo di azienda ed i costi che saranno sostenuti nell’ipotesi che lo stesso decorra dal 1 maggio 2015.
Tale piano consente di verificare l’introito di attivo (cfr. pag. 62 della relazione) e la funzionalità dell’operazione al migliore soddisfacimento dei creditori.
Analoghe considerazioni possono essere fatte in merito al c.d. “business pian” (cfr. pag. 60 relazione di attestazione) volto a prefigurare, dal punto di vista economico, i ricavi ed i costi della nuova gestione.
8. La convenienza della soluzione concordataria.
La peculiarità della fattispecie impone di considerare anche lo scenario alternativo al concordato giacché, pur non essendo necessario (a norma di legge) effettuare tale comparazione, il corretto inquadramento delle possibili soluzioni della crisi necessita di siffatto ulteriore approfondimento, anche dal punto di vista logico-giuridico. La eventuale scelta, da parte del tribunale, dì non procedere all’apertura della procedura concordataria avrebbe comportato delle conseguenze pregiudizievoli, verificatesi certamente nel breve periodo, e tali da condurre ad un sicuro svilimento del valore aziendale; in particolare, si sarebbe verificata la perdita di valore dell’azienda stessa e dei singoli beni aziendali né si sarebbero potuti preservare i posti di lavoro come invece è accaduto all’esito delle trattative sindacali in ossequio all’art. 47 della legge n. 428/1990.
Giova rammentare altresì che, alla data del 31.7.2014, “L’Unità” ha cessato le pubblicazioni e qualora l’interruzione delle pubblicazioni superi l’anno solare (coincidente con la data del 31 luglio 2015) si verificherà la decadenza dalla registrazione ex art. 7 Legge n. 47/1948, con una consistente perdita di valore del bene testata.
In proposito, si deve condividere quanto argomentato dalla parte ricorrente circa l’importanza dell’esercizio di un diritto di godimento della testata, quale importante valore aziendale, poiché tale diritto di godimento, ove annotato sul Registro della Stampa del Tribunale di Roma, nonché al R.O.C., con caratteristiche di pubblicità notizia, contente di mantenere in vita l’importante patrimonio storico-culturale del quotidiano “L’Unità”, massimizzando gli effetti favorevoli per la procedura e per i creditori sociali.
A tale considerazione, va aggiunto che la riscossione del canone d’affitto del ramo aziendale nella misura sopra indicata, consente alla procedura di dotarsi di liquidità per il pagamento dei crediti prededucibili.
In più, la comparazione con l’alternativo scenario fallimentare evidenzia altro dato da non trascurare giacché la proposta irrevocabile da parte di Unità s.r.l. decadrebbe, e con essa l’apporto di finanza esterna.
Ancora, l’offerta irrevocabile di acquisto, come già sottolineato in precedenza, è destinata – nella fase esecutiva del concordato – a trovare naturale sfogo mediante una apposita procedura competitiva, nella quale lo scenario sarà certamente diverso e più favorevole rispetto all’originario punto di partenza poiché la pubblicazione del quotidiano sarà stata riavviata per effetto del contratto di affitto di azienda propedeutico alla esecuzione del piano concordatario.
Infine, va osservato come la valutazione in tema di convenienza non può essere sottratta ai creditori, i quali sono gli unici e reali protagonisti della procedura concordataria quale delineata e modellata dal legislatore; Per tutte le ragioni sopra esaminate;
DICHIARA
Aperta la procedura di concordato preventivo come da proposta avanzata dalla Nuova Iniziativa Editoriale S.p.A. in liquidazione, con sede legale in Roma, Viale … codice fiscale e numero di iscrizione al registro delle imprese Roma …
NULLA OSTA
all’affitto dell’azienda giornalistica da parte della UNITA’ S.R.L. (al prezzo di E 90.000,00 mensili oltre iva pari ad E 1.080.000 annui oltre iva), salvo rimettere alla valutazione del giudice delegato ex art. 167 l.f. le seguenti valutazioni:
* la concreta determinazione in merito alle singole pattuizioni inserite nella bozza di contratto allegata in atti (cfr. bozza contratto di affitto allegato 4 di parte ricorrente);
* la stipula degli accordi in deroga all’art. 2112 cod.civ., sulla base delle intese raggiunte con le rappresentanze sindacali dei lavoratori (giornalisti e poligrafici) approvate dalle rispettive assemblee in ossequio all’art. 47 della legge n. 428/1990;
* la valutazione ed il coordinamento delle singole operazioni (affitto – gara ad evidenza pubblica cessione), al fine di valutare la scansione temporale più idonea a regolare l’avvicendamento delle singole tappe del piano, anche e sopratutto in considerazione delle ragioni di celerità che dovranno necessariamente caratterizzare tale procedura al fine di consentire un efficace risanamento nei tempi indicati nel piano;
DELEGA
Alla procedura la dott.ssa Luisa De Renzis;
CONFERMA
La nomina a Commissario Giudiziale del prof. Avv. Antonio Leozappa del Foro di Roma;
• PQM
DISPONE
La convocazione dei creditori per il giorno: … ore 15,30;
FISSA
Al … il termine per la comunicazione ai creditori del presente decreto;
STABILISCE
In giorni quindici, decorrenti dalla data di comunicazione del presente decreto, il termine entro il quale la società è tenuta a depositare in cancelleria la somma pari al 50 % delle spese di procedura pari ad £ 220.000,00 (compenso commissario giudiziale e spese vive di pubblicità) al netto dell’importo già versato in data 10.10.2014 pari ad E 25.000,00;
Roma, addì 24/3/2015
1) Atto modificativo dei ricorso; Intese sindacali con giornalisti e poligrafici del 3.3.2015, con successive ratifiche delle rispettive assemblee di lavoratori e lettera EYU 123.2015 (allegati 1 e 2); proposta irrevocabile di acquisto di ramo di azienda Unità s.r.l., con richiesta di affitto, copia fideiussione Banca Intesa Sanpaolo e comunicazione Nie 13.3.2015 (allegato 3); bozza contratto di affitto di ramo di azienda (allegato 4); perizia dì stima ramo di azienda rinnovata dal Prof. P. . (allegato 5); relazione giurata di stima ex art. 160, 2 comma, 11. prof. T (allegato 6); lodo arbitrale NIE/GRH (allegato 7); integrazione del piano di concordato contenente:
i) Relazione aggiornata della situazione patrimoniale, economica e finanziaria;
ii) Elenco analitico ed estimativo delle attività;
iii) Elenco dei creditori con i rispettivi titoli;
iv) Piano, modalità e tempi di adempimento della proposta;
v) Relazione di attestazione ex art. 161, 3 comma. II
Depositata in cancelleria il 24/03/2015.

Cassazione civile sez. un. sentenza 20/03/2015 n. 5685

Ai fini dell’accertamento della natura artigiana di un’impresa, rilevante per il riconoscimento del privilegio ex art. 2751 bis n. 5 c.c., non è sufficiente fare riferimento alle condizioni di fallibilità, ma occorre valutare alcuni criteri quali l’attività svolta, il capitale impiegato, l’entità dell’impresa, e in generale ogni elemento atto a verificare se l’attività sia svolta con la prevalenza del lavoro dell’imprenditore e della propria famiglia.

Corte di Cassazione, sentenza n. 23462 del 04.11.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il creditore assente all’udienza per l’esame dello stato passivo conserva la facoltà di opposizione
La condotta omissiva, continua la Corte, non comporta acquiescenza alla proposta né decadenza

Corte di Cassazione, sentenza n. 14552 del 26.06.2014

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che deve essere revocato il concordato preventivo concesso alla società che ha dolosamente occultato o dissimulato l’attivo.

Corte di Cassazione,Sezioni Unite, sentenza n. 1521 del 23.1.2013

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza in esame ha precisato che spetta al giudice di merito il controllo di legittimità sulla proposta di concordato preventivo mirante a valutarne la effettiva realizzabilità. Per la Corte “Il giudice ha il dovere di esercitare il controllo di legittimità sul giudizio di fattibilità della proposta di concordato, non restando questo escluso dalla attestazione del professionista, mentre resta riservata ai creditori la valutazione in ordine al merito del detto giudizio che ha ad oggetto la probabilità di successo economico del piano ed i rischi inerenti; il controllo di legittimità del giudice si realizza facendo applicazione di un unico e medesimo parametro nelle diverse fasi di ammissibilità, revoca ed omologazione in cui si articola la procedura di concordato preventivo; il controllo di legittimità si attua verificando la effettiva realizzabilità della causa concreta della procedura di concordato; quest’ultima da intendere come obbiettivo specifico perseguito dal procedimento; non ha contenuto fisso e predeterminabile essendo dipendente dal tipo di proposta formulata, pur se inserita in generale nel quadro di riferimento, finalizzato al superamento della situazione di crisi dell’imprenditore, da un lato, e dell’assicurazione del soddisfacimento, sia pure ipoteticamente modesto e parziale, dei creditori, da un altro”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 186 del 07.01.2013

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il socio accomandante di una Sas non può essere dichiarato fallito insieme alla società se effettua prelievi dalle casse sociali e copre con i propri beni i debiti dell’ente. Le attività svolte, infatti, non possono essere considerate atti di gestione e non determinano quindi ripercussioni sul suo patrimonio.
Lo ha stabilito la Cassazione che ha respinto il ricorso del curatore fallimentare di una società in accomandita semplice che chiedeva che fosse dichiarato anche il fallimento della socia accomandante. La donna, infatti, aveva concesso garanzie reali e personali alla società per coprire i debiti e aveva effettuato pagamenti e prelievi dalle casse sociali. Tutte questa attività, secondo il curatore, avrebbero dimostrato la sua ingerenza nella gestione con la conseguenza di un suo assoggettamento a procedura fallimentare.
La Cassazione, nel respingere il ricorso, ha affermato che la prestazione di garanzia in favore di una società in accomandita semplice e il prelievo di fondi dalle casse sociali per esigenze personali, quand’anche indebito o addirittura illecito, “non integrano l’ingerenza del socio accomandante nell’amministrazione della società” con l’assunzione di responsabilità illimitata e la conseguente estensione del fallimento, in quanto la prima attiene al momento esecutivo delle obbligazioni e il secondo non costituisce un atto di gestione della società.

Corte di Cassazione, sentenza n. 18762 del 13.09.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che la nullità della procedura prefallimentare travolge tutto il successivo giudizio, senza nessuna eccezione. A chiarirlo la sesta sezione della Cassazione che in un’ordinanza ha spiegato che la procedura prefallimentare non può paragonarsi a un processo di cognizione ordinaria, essendo essa di natura inquisitoria. Questa fase mira ad accertare con celerità e senza cognizione piena la sussistenza dei presupposti della dichiarazione di fallimento dell’imprenditore, di modo che la conseguente sentenza positiva costituisce essa stessa il punto di avvio per il giudizio di cognizione. Ne consegue che la nullità della procedura prefallimentare “travolge tutti gli atti consequenziali, ivi incluso il giudizio di cognizione di primo grado, la sentenza relativa e il giudizio di secondo grado”, con obbligo per il giudice, nell’ipotesi di una nuova fase procedimentale prefallimentare, di fare riferimento solo alle situazioni attuali senza poter contare su fatti riferibili alla precedente procedura.

Corte di Cassazione, sentenza n. 17995 del 01.09.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che l’accertamento dei presupposti per l’azione revocatoria fallimentare va compiuto al momento del contratto definitivo di vendita del bene e non a quello di sottoscrizione del preliminare. Solo con la stipula del contratto di trasferimento, infatti, l’immobile esce dal patrimonio del fallito ed è così sottratto alla garanzia dei creditori. Sono queste le conclusioni raggiunte dalla prima sezione civile della Cassazione che ha confermato la decisione emessa dalla Corte d’appello di Firenze che aveva dichiarato inefficace nei confronti del fallimento di un imprenditore la vendita di un opificio industriale con annessi terreni agricoli. Le parti con un preliminare sottoscritto in data anteriore al “periodo sospetto” avevano regolato gli assetti sostanziali dell’operazione e non li avevano più modificati. Per questo motivo la soccietà acquirente aveva chiesto di considerare il valore del complesso al momento del preliminare. La tesi non ha trovato seguito presso la Cassazione secondo la quale il momento rilevante ai fini della revocatoria è solo quello in cui l’immobile esce definitivamente dal patrimononio del soggetto fallito.

Corte di Cassazione, sentenza n. 10004 del 06.05.2011

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che il versamento effettuato dal fideiussore sul conto corente del debitore fallito a copertura dello scoperto è opponibile al fallimento. Il principio di autonomia contrattuale consente infatti al fideiussore di uno scoperto di estinguere il proprio debito in modo indiretto, ossia mediante accreditamento della somma sul conto perché la banca se ne giovi, anziché in modo diretto, ossia mediante versamento alla banca. Lo ha affermato la Cassazione con la sentenza in oggetto che, accogliendo il ricorso di unistituto di credito, ha chiarito che quando un terzo versa “sul conto corrente del debitore, e dopo il fallimento di costui, una somma corrispondente allo scoperto del conto stesso, per il quale esso terzo aveva prestato fideiussione, e risulti altresì l’inesistenza di debiti verso il fallito da parte del terzo, deve ritenersi che costui abbia adempiuto il proprio debito fideiussorio, restando pertanto il relativo accreditamento sottratto alla dichiarazione di inefficacia di cui all’articolo 44 della legge fallimentare”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 22915 del 11.11.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che i versamenti effettuati dall’imprenditore, poi dichiarato fallito, alla banca sono soggetti a revocatoria quando il contratto di apertura di credito che li giustifica è solo apparente. Questo si verifica quando le rimesse non sono riutilizzabili dal cliente e la funzione del negozio è solo quella di garantire alla banca il recupero del credito. Lo ha chiarito la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza in oggetto secondo la quale se tra un cliente imprenditore, che si trovi in situazione di difficoltà che la banca viene concluso un contratto di apertura di credito senza possibilità di riutilizzare i versamenti, il negozio è solo apparente in quanto i versamenti non sono ripristinatori della provvista ma hanno carattere solutorio e, pertanto, sono soggetti a revocatoria.

Corte di Cassazione, sentenza n. 22915 del 11.11.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che i versamenti effettuati dall’imprenditore, poi dichiarato fallito, alla banca sono soggetti a revocatoria quando il contratto di apertura di credito che li giustifica è solo apparente. Questo si verifica quando le rimesse non sono riutilizzabili dal cliente e la funzione del negozio è solo quella di garantire alla banca il recupero del credito. Lo ha chiarito la prima sezione civile della Cassazione con la sentenza in oggetto secondo la quale se tra un cliente imprenditore, che si trovi in situazione di difficoltà che la banca viene concluso un contratto di apertura di credito senza possibilità di riutilizzare i versamenti, il negozio è solo apparente in quanto i versamenti non sono ripristinatori della provvista ma hanno carattere solutorio e, pertanto, sono soggetti a revocatoria.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 11930 del 17.05.2010

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite ha precisato che crediti ICI dei comuni devono considerarsi muniti di privilegio generale in caso di fallimento. Secondo le Sezioni Unite le norme del codice civile che stabiliscono i privilegi in favore di determinati crediti possono essere oggetto di interpretazione estensiva. Infatti, ha spiegato il collegio, il privilegio generale sui mobili istituito dall’articolo 2752 del Cc sui crediti per le imposte, tasse e tributi dei Comuni previsti dalla legge per la finanza locale, deve essere riconosciuto anche per i crediti dei Comuni relativi all’imposta comunale sugli immobili.

Corte di Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 8426 del 09.04.2010

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza in esame ha precisato che spetta al giudice italiano decidere sul fallimento della società trasferita all’estero al solo scopo di evadere le imposte. Con tale statuizione le Sezioni Unite hanno respinto il ricorso di un imprenditore la cui società era stata dichiarata fallita in Italia nonostante avesse la sede in Romania. I giudici, in particolare, hanno ritenuto fittizio il trasferimento, in quanto destinato solo a ridurre gli oneri fiscali, essendo rimasto in Italia il centro degli interessi e l’attività dell’impresa.

Corte di Cassazione, sentenza n. 2803 del 09.02. 2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che è legittimo l’avviso di accertamento notificato al contribuente fallito. Infatti, ha chiarito la Corte di Cassazione è l’omessa notifica dell’accertamento fiscale al curatore, se rende inefficace tale accertamento nell’ambito della procedura fallimentare, mantiene la sua validità dei confronti del fallito, proprio a causa del carattere relativo della perdita di capacità processuale di quest’ultimo che resta dotato di legittimazione processuale.

Corte di Cassazione, sentenza n. 308 del 08.01.2010

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che un imprenditore che è stato dichiarato fallito prima della riforma del 2006 ha diritto a richiedere la cancellazione dell’annotazione della sentenza nel casellario giudiziale. La Corte nella parte motiva evidenzia come, in base alle norme attuali, sarebbe impossibile, per tali soggetti ottenere la riabilitazione. Se infatti il fallimento è stato chiuso prima della riforma l’imprenditore si troverebbe impossibilitato ad accedere all’istituto della riuabilitazione giacchè questa possibilità è stata sostituita dall’art. 128 del decreto legislativo n.5/06 dall’istituto dell’esdebitazione. La Corte fonda la propria decisione sulla necessità di trovare una soluzione interpretativa “costituzionalmente orientata, idonea ad eliminare le disparità di trattamento”.

Corte di Cassazione, sentenza n. 1112 del 15.01.2001

La Corte di Cassazione con la sentenza in esame ha precisato che i beni che sono oggetto del fondo patrimoniale, ossia di quell’insieme di beni costituiti per far fronte ai bisogni della famiglia, non possono entrare a far parte dell’attivo fallimentare. Secondo la Corte, prendendo in considerazione il D. Lgs n. 5 del 2006 che ha modificato l’art. 155 della legge fallimentare, si deve escludere la “confondibilità di beni destinati a soddisfare esigenze specifiche (come accade nel caso di fondo patrimoniale) con gli altri beni di proprietà dell’imprenditore fallito. Inizialmente i giudici del tribunale avevano ritenuto che fosse possibile acquisire al fallimento i beni del fondo patrimoniale sia pur limitatamente alla quota di pertinenza del coniuge fallito.

Corte di Cassazione, sentenza n. 308 del 08.01.2010

La Suprema Corte con la sentenza in esame ha precisato che anche i falliti ante riforma vanno cancellati dal casellario giudiziale, data l’impossibilità secondo le norme attuali, di ottenere la riabilitazione. Lo ha stabilito la Suprema Corte che con tale principio, ha accolto il ricorso di un imprenditore fallito nell’89 e che chiedeva di essere cancellato dal casellario giudiziale.