Ex coniuge inesperto e in età “avanzata” per il mercato del lavoro: lecita l’attribuzione dell’assegno divorzile

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Il caso

Il Tribunale di Reggio Emilia poneva a carico di un uomo l’obbligo di corrispondere all’ex moglie un assegno divorzile di 900 euro mensili.

Avverso tale pronuncia l’uomo proponeva appello lamentando la mancata considerazione dell’autosufficienza economica della donna e della sua comprovata convivenza con un altro uomo.

La Corte d’Appello di Bologna accoglieva parzialmente la richiesta dell’uomo e, pur riconoscendo il diritto della donna a percepire l’assegno, riduceva a 400 euro l’importo da lui dovuto alla ex coniuge, «posto che non sono state condivise le conclusioni del Tribunale in relazione all’elevato tenore di vita matrimoniale ed all’elevato reddito dell’ex marito, attesa la modestia delle denunce fiscali versate in atti».

Concordando con i giudici del Tribunale di Reggio Emilia i giudici di secondo grado escludono che la convivenza più o meno stabile della donna con un altro uomo “abbia il progetto di vita comune capace di renderla una vera famiglia di fatto”.

In merito all’assegno divorzile riconosciuto alla ex coniuge la Corte d’Appello di Bologna ha sottolineato che è stata correttamente considerata “la sua incolpevole incapacità lavorativa che, data l’età e l’annosa inesperienza frutto presuntivo di una scelta coniugale condivisa, le rende oggettivamente assai difficile se non impossibile il rientro sul mercato del lavoro”.

Avverso la sentenza dei giudici di secondo grado proponeva ricorso presso la Suprema Corte la donna lamentando tra gli altri motivi la mancata valorizzazione dei suoi sacrifici per le esigenze familiari.

I Giudici ritengono corretta e logica la valutazione della Corte d’Appello: l’assegno divorzile spetta alla ex moglie in virtù della sua “complessa situazione” e l’importo dovuto, oltre ad essere una spesa “sostenibile per l’uomo “, le consentirà di “non vivere senza una minima sicurezza per il futuro, dato che oggi, per sua scelta matrimoniale, non ha lavoro e non si sa che pensione possa avere”.

Con l’ordinanza n. 26682/21 del 1° ottobre la Corte di Cassazione (CASS. CIV., SEZ. V) rigetta il ricorso.