Per la determinazione dell’assegno divorzile rilevano – tra gli altri – la durata del matrimonio e l’addebito della crisi coniugale. Si tratta di accertamenti coerenti con i principi sanciti dalle Sezioni Unite che hanno enfatizzato la funzione assistenziale, compensativa e perequativa dell’assegno.
Questo è quanto si desume dall’ordinanza n. 16796/2019 emessa dalla Corte di Cassazione, avente ad oggetto l’obbligo di un uomo di corresponsione dell’assegno a favore della ex moglie, un assegno divorzile pari ad 400 euro mensili.
In Cassazione, il ricorrente lamentava il fatto che la Corte territoriale non avesse tenuto conto della circostanza che la ex, oltre a essere titolare del diritto di usufrutto su di un appartamento donato alla figlia, fosse proprietaria di un’altra unità immobiliare ristrutturata e ampliata fino a sette vani durante il matrimonio, e che la medesima avesse diritto anche a un assegno sociale INPS.
Ebbene, gli Ermellini, richiamando sul punto i principi formulati dalle Sezioni Unite (sent. n. 18287/2018) in materia, ribadivano che l’assegno dovrebbe essere determinato all’esito di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare e alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio e all’età dell’avente diritto.
Si tratta di criteri che devono essere tenuti presenti sia nella attribuzione che nella quantificazione dell’assegno. Inoltre, si ribadisce che la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endo-coniugale, bensì al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.
Nel caso di specie, i giudici a quo hanno operato una corretta comparazione dei redditi dei due coniugi, accertando che la ex percepiva una pensione mensile e risultava titolare del solo diritto di usufrutto su di un immobile, mentre il marito percepiva redditi lordi annui per circa ventiquattromila euro.La Corte territoriale ha, inoltre, tenuto conto, nella determinazione dell’assegno divorzile, della durata del matrimonio (oltre 40 anni) e dell’addebitabilità della crisi coniugale al marito, in considerazione del comportamento da questi tenuto in costanza di matrimonio.
Per gli Ermellini si tratta di accertamenti in fatto coerenti con i principi enunciati dalle Sezioni Unite della Cassazione, mentre il ricorso introduce questioni che non risultano dedotte nel giudizio di merito e si traduce in una sostanziale richiesta di rivisitazione del giudizio. Il ricorso è stato pertanto respinto.