La regola generale in termini di prescrizione derivante da sinistro stradale è quella biennale, tuttavia il predetto termine può essere “allungato” nell’ipotesi in cui il fatto costituisca reato.
Nella fattispecie in esame, la Corte di Cassazione affronta con l’ordinanza n. 26958 del 2018, il caso di un ciclista, il quale, per evitare un’auto in doppia fila, si allargava sulla sinistra, senza verificare l’eventuale sopraggiungere di ciclomotori, ed urtava così uno scooter. Lo scontro provocava un danno non patrimoniale in capo al conducente ed un danno patrimoniale per la proprietaria del mezzo.
In primo ed in secondo grado, veniva accertato il concorso di colpa delle parti coinvolte ed il ciclista veniva condannato alla corresponsione del risarcimento dei danni (patrimoniale e non patrimoniale) nella misura della metà.
Si giunge così in Cassazione e tra i vari motivi, il ricorrente lamentava l’erronea applicazione, da parte del Tribunale, della prescrizione quinquennale da reato anche all’azione risarcitoria promossa dalla proprietaria del ciclomotore.
Il termine prescrizionale più lungo ex art. 2947 c. III, c.c. relativo al ristoro del danno scaturente da reato, non si applica al risarcimento del danno derivante da illecito civile, giacché si tratta di un diritto diverso e autonomo rispetto al primo. Il suddetto principio opera solo allorché il fatto di danno riguardi soggetti diversi; per contro, se i danni – alla persona e alle cose – sono subiti dallo stesso individuo «si applica l’unico (più lungo) termine di prescrizione, giacché la coincidenza degli interessi lesi in un solo soggetto determina la compromissione di un’unica sfera giuridica, con conseguenze dannose tutte ad essa riferibili, alle quali corrisponde il diritto, unico e complessivo, del danneggiato al relativo risarcimento» (Cass. 7395/1992). La ratio è da ricercarsi in ragioni di economia processuale: il danneggiato, infatti, non deve essere obbligato ad instaurare separati giudizi per il risarcimento dei danni scaturenti dallo stesso fatto, ma riguardanti diversi piani giuridici.
Al luce di quanto sopra, la Corte ribadisce il seguente principio: «in tema di diritto al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli, la disposizione dell’art. 2947 c.c., comma 3, che prevede, ove il fatto che ha causato il danno sia considerato dalla legge come reato, l’applicabilità all’azione civile per il risarcimento, in luogo del termine biennale stabilito dal comma 2, dello stesso articolo, di quello eventualmente più lungo previsto per detto reato, è invocabile da qualunque soggetto che abbia subito un danno patrimoniale dal fatto considerato come reato dalla legge, e non solo dalla persona offesa dallo stesso, ove detto danno sia conseguenza risarcibile dello stesso fatto-reato e, dunque, ad esso collegato eziologicamente anche in via mediata e indiretta, secondo il criterio della regolarità causale».